Se dopo non interviene sul paziente il dentista non può fare diagnosi con radiazioni ionizzanti perché l’esame non è più da considerarsi complementare alla terapia, specie se privo di documentazione di esigenze diagnostiche: questo assunto, alla base di una sentenza di Cassazione del dicembre scorso (36820/2022), e della condanna di un odontoiatra che aveva eseguito 25 Tac cone beam su altrettanti pazienti, 12 dei quali poi non avevano fatto l’impianto, è messo in discussione da un’altra sentenza, di primo grado. Un tribunale ha assolto il professionista dall’accusa di aver eseguito Tac “superflue” su pazienti su cui poi non ci sono stati interventi perché “il fatto non sussiste”. Anche in questo caso si parte dall’intervento dei Nas in un centro odontoiatrico: nel 2018 il Piemme ipotizzò da parte di amministratore e direttore sanitario la violazione degli obblighi in tema di giustificazione ed ottimizzazione dell’esposizione a radiazioni perché dopo la Tac non era stata eseguita alcuna prestazione odontoiatrica. Ma “dalle ulteriori evidenze acquisite” al giudice non risulta che l’esame eseguito si sia rivelato superfluo.
Per i magistrati, la CBCT nasce per mettere il dentista in condizione di operare con meno dubbi; ed emette una quantità di raggi almeno 10 volte inferiore alla TC tradizionale, del che si stenta a pensare sia stato trascurato il principio di ottimizzazione. Certo, prima di eseguirla, il dentista, “portatore di sapere specialistico” è chiamato ad una valutazione rischi-benefici; ma non si può desumere che tale valutazione non ci sia stata dal fatto che non ci siano stati interventi successivi all’esame diagnostico strumentale. “E’ certamente plausibile che taluni dei pazienti pur a fronte di diagnosi attestanti la necessità di sottoporsi a cure odontoiatriche rese possibili dal ricorso all’esame Tac Cone Beam abbiano deciso di non sottoporvisi ovvero di recarsi a tal fine in altra struttura sanitaria”. Tra l’altro, in alcuni casi il ricorso alla Tac era stato preceduto da ulteriori esami e seguito da specifiche indicazioni terapeutiche risultanti dall’esame delle cartelle cliniche.
«La sentenza ci fa molto piacere nelle motivazioni», dice il Segretario Sindacale AIO Danilo Savini. «Sentiti gli esperti, il tribunale stabilisce che il dentista può effettuare CBCT se garantisce il principio di giustificazione e la corretta tenuta della cartella clinica, due concetti ricordati dalla CAO Nazionale in una sua nota. Resta evidente che finché tutti gli attori coinvolti nella radiologia non siederanno ad un tavolo per condividere processi tecnologici, di sicurezza e necessità clinica di tale metodica, saremo costretti a lasciare di volta in volta all’interpretazione di un giudice la descrizione di quello che dev’essere un normale “condiviso” scientifico. Da tempo AIO chiede questo tavolo e torna a sollecitarlo per evitare che i Colleghi si trovino coinvolti in procedimenti penali lunghi e spesso ingiustificati».