Televisita, teleconsulto, telediagnosi, teleassistenza, telemonitoraggio: sono tutti aspetti della telemedicina – medicina operata con strumenti che consentono collegamenti a distanza – da poco disciplinati nel nostro Paese. La teleodontoiatria è in questo contesto una specifica branca che tra l’altro rappresenta appena lo 0,7% dei progetti di telemedicina censiti dal Ministero della Salute al 2022. Ma ha degli ampi margini di crescita, come accenna al 10° Congresso Politico di Associazione Italiana Odontoiatri a Modena Antonio Vittorino Gaddi. «In merito in questa fase, rispetto alla telemedicina, vedo la teleodontoiatria capace di far meglio coincidere aspettative di pazienti ed imprese. La nostra Società – afferma il Presidente della Società Italiana di Telemedicina – ha per obiettivo di far sì che tutti i dispositivi per diagnosi e cure a distanza siano co-prodotti facendo convergere dalla stessa parte le esigenze di medico, paziente, produttore e Servizio sanitario. In particolare, le informazioni che essi veicolano devono essere comprensibili a tutti ed essere interoperabili, cioè adoperabili ovunque senza barriere informatiche». La teleodontoiatria potrebbe essere una scommessa vincente per il Servizio sanitario secondo Anna Baldini, Segretaria per l’Emilia Romagna dell’associazione dei Pazienti CittadinanzAttiva: «Rende più facile l’accesso dei pazienti alla cura e, abbattendo i tempi, stempera l’ansia dell’attesa. Inoltre può risolvere carenze dell’odontoiatria pubblica, oggi relegata a cure di urgenza e per pochi, e facilitare l’accesso a chi vive in aree svantaggiate. Certo, vanno previste forme di tutela per fasce meno avvezze all’uso del digitale come anziani e stranieri». Per il Vice Presidente AIO David Rizzo (foto a sinistra), «sicuramente nell’epoca del digitale, la teleodontoiatria è ormai realtà. Lo scambio in real time dei dati anamnestici, l’evoluzione delle apparecchiature diagnostiche gestibili in remoto, ha dato un forte impulso in avanti nella gestione del paziente a distanza. Ció permetterà in un futuro ormai prossimo, di avere processi diagnostici e terapeutici più veloci, a beneficio non solo del paziente, ma anche del sistema sanitario sia pubblico che privato. Tutto ciò però deve avere un punto cardine fermo e insostituibile, ovvero, l’odontoiatra, che deve sempre e comunque continuare a interfacciarsi con il paziente anche se a distanza, ed avere il controllo degli ausili tecnologici che tali sono e devono rimanere».

Telemedicina e teleodontoiatria possono presentare anche insidie per i professionisti. Fino a che punto prestazioni a distanza ed in presenza sono sovrapponibili dal punto di vista legale e deontologico? Maria Maddalena Giungato avvocato cassazionista e consulente AIO ricorda come 2 anni fa le linee guida d’indirizzo della Telemedicina abbiano assimilato questa “medicina a distanza” a qualunque servizio sanitario, diagnostico o terapeutico offerto in presenza. «Ma siamo sicuri che la responsabilità sanitaria sia identica? Le stesse Linee guida affermano che la prestazione di telemedicina non sostituisce ma integra quella in presenza e deve ottemperare ad obblighi e diritti tipici di qualsiasi atto sanitario». Giungato ravvisa altre ambiguità nelle norme, che anziché dirimere dubbi potrebbero prestarsi a diverse interpretazioni in caso di contenzioso. «Ad esempio, per la cura, vengono definiti come target pazienti per i quali la diagnosi “è ormai chiara”: ma quali sono questi pazienti?» Non è tutto. «L’esercizio della telemedicina apre ad ulteriori quesiti che riguardano i liberi professionisti non sempre coperti dall’assicurazione della struttura dove lavorano: esistono coperture assicurative per chi esercita la medicina a distanza? Si possono ottenere integrazioni “indolori” della polizza per responsabilità (che comunque non coprirebbe eventuali procedimenti deontologici)? Tali integrazioni vanno estese a tutti i professionisti componenti di un team che visiti a distanza? Si è coscienti che in caso di contenzioso, laddove l’atto medico è sempre stato essenzialmente sindacato nel “quomodo”, l’atto medico a distanza potrebbe esserlo soprattutto nell’”an”, cioè nel se si dovesse o meno usare la telemedicina in un determinato iter clinico? Il “tele-medico” è sempre contattabile dal paziente o ha diritto alla disconnessione?» E infine, «se un odontoiatra mostra attraverso una piattaforma il risultato finale del trattamento tramite un dispositivo ad hoc, in caso di contenzioso con il paziente che visualizza a distanza, non si introduce nella prestazione un obbligo di risultato?»

Per i professionisti sanitari, le conseguenze legali potenziali dell’informatica non sono comunque legate solo alla telemedicina. Ad agosto, la Federazione degli Ordini ha emanato proposte di raccomandazione sul buon uso delle piattaforme social e della posta elettronica. Del Gruppo ICT che le ha generate fa parte il ricercatore dell’Istituto Mario Negri Eugenio Santoro, che a Modena ha citato i principali suggerimenti ai professionisti affinché nell’uso del web si attengano alle norme deontologiche. Nei social, andrebbero distinti profili pubblici e privati; e in ogni caso l’amicizia ai pazienti andrebbe dispensata con oculatezza (ci sono società scientifiche come l’American Medical Association che vietano di porgerla), controllando i dati inseriti e il rispetto della riservatezza dell’interlocutore, ed evitando di parlare di casi clinici; la posta elettronica, invece, meglio usarla solo per dialogare con pazienti già noti e visitati, evitando di rispondere a domande su patologie mai trattate prima. Un terzo ambito, la messaggistica istantanea non è stato trattato perché c’è poco materiale di riferimento. Ma attenzione: i dati immessi su Whatsapp, Messenger etc stanno su server stranieri. La relazione del Presidente Nazionale CAO Raffaele Iandolo (foto a destra), centrata sul mondo odontoiatrico, ha invece inquadrato le linee evolutive più recenti della normativa che distingue tra pubblicità ed informazione sanitaria ponendo attenzione ai mezzi, anche informatici, utilizzati dal professionista per promuoversi.

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