Che cos’hanno in comune il bonus bollette concesso come credito d’imposta nell’autunno 2022 alle aziende energivore, i finanziamenti della nuova legge Sabatini per l’acquisto di beni hi tech (aumentati per chi scommette sul green e ancor più al Sud), gli incentivi per la trasformazione digitale e il credito d’imposta fino al 70% della spesa per il training del personale all’uso di strumenti informatici? Semplice. Si rivolgono alle piccole e medie imprese. Anche alle microimprese. Ma non ai professionisti. Anche i dentisti, pur dovendosi considerare imprese energivore (contatore oltre i 4,5 kw) sono fuori dai benefici. Un disastro, che la nostra Associazione ha ripetutamente segnalato in questi anni.

Ora a cambiare le cose arrivano vari emendamenti al disegno di legge delega 571 che rivede il sistema degli incentivi. Due vengono da esponenti del Movimento 5 Stelle (Marco Croatti e Sabrina Licheri), uno è di Francesco Silvestro di Forza Italia, uno di Michaela Biancofiore (Coraggio Italia) ed uno di Gianluca Cantalamessa (Lega). In pista in senato, i progetti impegnano il governo e in particolare il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ad equiparare professionisti ed imprese in tutti i provvedimenti che prevedano forme di incentivo economico. E alla camera? Il ddl è atteso al varco da un analogo emendamento sostenuto dal deputato leghista Massimo Bitonci.

Associazione Italiana Odontoiatri sostiene da sempre questi emendamenti. Si è battuta mesi fa per far entrare in Finanziaria un emendamento dei senatori Gianni Pittella e Francesco Giacobbe che equiparava l’iscrizione all’ordine del professionista a quella al Registro delle imprese ai fini della fruizione di incentivi economici. «Ci relega ai margini dell’Europa l’errore dei legislatori di non parificare professionisti ed imprese ai fini dell’accesso a bandi, fondi e finanziamenti nazionali ed europei, o anche locali», dice Danilo Savini Segretario sindacale AIO (foto). «Dal 2003 la normativa comunitaria considera l’equiparazione tra professioni ed imprese un segno di equità economica – dovremmo dire di civiltà? – da parte di stati membri che riconoscono il peso delle professioni sulle loro economie». In Italia siamo un po’ indietro, «anche se dovremmo leggere con ottimismo recenti contraddizioni tra organi tecnici governativi e linea di governo. Qualche mese fa –osserva Savini – abbiamo fatto notare all’Istat che è un errore chiedere anche a noi dentisti la macchinosa compilazione (obbligatoria, con sanzioni per chi non provvede) della scheda per il censimento delle imprese. Quel questionario non dovrebbe riguardare le libere professioni. A meno di non ammetterle ai sostegni per la piccola impresa, equiparandole».

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