Studi dentistici da chiudere fino alla fine del Covid per il rischio di trasmissione del virus? Fin qui i media hanno interpretato univocamente, in modo restrittivo, lo statement dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “Considerazioni sull’offerta di servizi essenziali di salute orale nel contesto del Covid-19”. Pur ammettendo che la prevenzione efficace delle malattie orali resta una priorità, l’OMS avverte che nel setting odontoiatrico la trasmissione del virus tra operatore e paziente può avvenire in vari modi – saliva, secreto respiratorio, aerosol –  e suggerisce di rinviare le terapie di routine o non essenziali fino a quando non ci sarà una riduzione sensibile nei tassi di trasmissione della malattia. Il documento pone tra l’altro sullo stesso piano visite di controllo, pulizia dentale, odontoiatria preventiva e trattamenti estetici. Suscitando forti interrogativi. «Interrompere la nostra attività fino a quando il Covid-19 non sia debellato sarebbe una colossale sciocchezza», premette il Presidente nazionale AIO Fausto Fiorile. Che però aggiunge: «In realtà nel documento si afferma anche che ogni decisione su come e chi trattare va presa in accordo con le norme e le raccomandazioni dei singoli stati membri. In Italia abbiamo superato il picco pandemico e dal 4 maggio i nostri studi, dopo mesi di apertura limitata alle sole urgenze, svolgono tutta l’attività utile al paziente seguendo le indicazioni del Tavolo Ministeriale, cioè la letteratura mondiale più aggiornata. Vogliamo credere che l’Oms si riferisca a paesi nel vivo del picco, in una fase eccezionale da cui è sperabile escano al più presto».  «Lo statement Oms non è piaciuto agli odontoiatri italiani né ai colleghi del mondo intero», sottolinea il segretario AIO Danilo Savini. «Attuati in modo acefalo, i suggerimenti Oms sarebbero un disastro per la prevenzione dentale. E, vista la connessione tra patologie orali e sistemiche, metterebbero a rischio la salute dell’umanità. Inutilmente, aggiungiamo noi dentisti italiani, che in oltre 4 mesi di ritorno alla normale attività non registriamo contagi da dentista a paziente e sappiamo di soli due contagi a colleghi».

«E’ un documento che doveva uscire tre mesi prima», afferma il Presidente della Federazione Dentale Internazionale Gerhard Seeberger. «In un contesto dove alcuni paesi hanno superato il picco, e dove in altri la pandemia sta tornando, sarebbe stato opportuno considerare lo status quo. Oltre al fatto che l’OMS non ha mai dato una definizione di “dental aerosol”, trovo una grave contraddizione. Un anno fa, per allargare al massimo l’accesso, l’Onu approvò un documento sull’Universal Health Coverage in cui si afferma che cure e prevenzione orali non devono pesare per più del 10% del budget di ogni famiglia, e, nell’articolo 34, si raccomanda di rafforzare gli impegni nel dedicarsi alla salute orale; l’Oms, chiamata di norma ad implementare i documenti Onu sulla sanità a beneficio dei ministri della Salute (e dell’Economia) degli stati membri, invece fa un passo indietro. Dimenticando che l’odontoiatria è pioniera della prevenzione delle infezioni ed è la specialità più sicura nella disinfezione delle vie aeree superiori del paziente. Da presidente FDI osservo che lo spirito del testo va rivisto; così non si va da nessuna parte».

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