Penalizzati gli studi che hanno aderito.
Ora dovranno pagare di tasca loro.
Un errore del computer, una legge troppo giovane, una gestione errata da parte degli studi. Queste sono alcune delle motivazioni apportate per giustificare una situazione incresciosa che ha letteralmente lasciato i cittadini del Trentino a bocca aperta.
Tutto ha inizio con la legge sull’assistenza odontoiatrica della Provincia Autonoma di Trento, entrata in vigore nel 2009, che prevede l’accesso gratuito, o a quota agevolata, alle cure odontoiatriche presso studi privati convenzionati da parte di categorie più deboli. Il primo anno, gli studi odontoiatrici aderenti alla convenzione erano 4, diventati poi 14 nel 2010. L’iniziativa ha riscosso un logico successo tra i pazienti, portando un considerevole numero di cittadini a rivolgersi a tali studi per accedere a cure che altrimenti non avrebbero potuto sostenere economicamente.
Fin qui, tutto bene. Peccato, però, che il budget messo a disposizione dalle province sia presto terminato e, a causa di un software gestionale male impostato, l’allarme “budget finito” si sia manifestato quando ormai la maggior parte dei piani di cura era già stata avviata. A questo punto, gli uffici provinciali hanno imposto agli studi di non iniziare nuovi trattamenti, ma di completare quelli in convenzione già in corso.
Da qui nasce un polemica non ancora risolta che vede contrapposti la Provincia – che sembra accusare gli studi di aver agito in mala fede – e gli studi convenzionati che, per un
ovvio senso di responsabilità e deontologia, ora sono costretti a portare a termine i trattamenti già in essere a proprie spese, pena una denuncia penale dalla ASL e una deontologica dall’Ordine.
“Quello delle convenzioni è un tema molto delicato”, afferma Salvatore Rampulla, presidente AIO. “L’assistenza odontoiatrica alle fasce più deboli è certamente un dovere etico della professione medica e un dovere sociale da parte delle istituzioni, con il rispetto però delle competenze e delle professionalità delle parti in causa. In questo ambito, AIO sostiene che sia necessario impostare i rapporti tra pubblico e privato non solo da un punto di vista meramente economico o burocratico, bensì in un’ottica di collaborazione che tuteli la figura professionale dell’odontoiatra e che permetta a questi di rispondere alle esigenze dei pazienti più bisognosi con serietà e serenità”.
“Per questo”, continua Rampulla, “l’unico sistema che può garantire la salute dei cittadini e la dignità dei professionisti è il sistema di assistenza indiretta, in cui il cittadino paga la parcella all’odontoiatra e poi riceve un rimborso dalla ASL. AIO ha sempre sostenuto e lo ricorda tutt’ora che la convenzione diretta e l’imposizione di tariffari e ‘tempari’ rappresentano la morte della libera professione. Chi ha capito tutto questo si è salvato da una situazione incresciosa. Molti non lo hanno ancora capito. Attenzione per il futuro”.