E’ passata quasi sotto silenzio della stragrande maggioranza dei media italiani tradizionali (stampa e tv) la proposta di riforma della legge sull’editoria, la cosidetta Levi-Prodi. Ma tutta la Rete si è mobilitata contro questa proposta che sta rendendo ridicola l’Italia all’estero, come se già non bastasserro gli ormai vecchi e scontati assiomi Italia=mafia, Italia=pizza(o pizzo?) e mandolino.

La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro.

Il TIMES ha pubblicato un articolo dal titolo "A geriatric assault on Italy’s bloggers", un assalto geriatrico ai bloggers italiani, definendoci una nazione di legislatori ottuagenari eletti da pensionati settantenni. (leggere articolo su sito TIMES)

Boing Boing, uno dei blog più cliccati al mondo, scrive "Italy proposes a Ministry of Blogging with mandatory blog-licensing", l’Italia propone un ministro dei Blog con licenza obbligatoria. (leggere articolo su sito boingboing)

Sono alcuni esempi di quello scrivono di noi all’estero su una legge-bavaglio che rischia, se dovesse passare così com’è, di impoverire ulteriormente gli italiani in tutti i sensi. La libertà di parola sarebbe la prima condannata a morte e bisognerebbe emigrare di persona o far emigrare i siti in domini e server all’estero per evitare noie, anche se è da verificare se tale ultima soluzione sia comunque esente da rischi legali.

Non è soltanto una legge che dichiara guerra ai blog. Ha un impatto incredibile su tutti i siti web italiani.

Basti pensare che, a legge passata, non potrei più scrivere un articolo di questo tipo. Dovremmo prima registrare il sito al ROC, il Registro degli Operatori di Comunicazione, pagare delle tasse e avere alle dipendenze un direttore responsabile, che, come è noto, deve essere un giornalista professionista iscritto all’albo.

Anche se proprio ieri è stata proposta una lieve modifica all’articolo 7 della proposta di legge che alcuni hanno letto come un tentativo di riconciliazione del governo con il mondo dei bloggers e degli sviluppatori di siti web, in realtà questa modifica non elimina i dubbi sull’applicazione di tale legge, semmai ne introduce di nuovi.

"Il comma aggiuntivo – ha dichiarato ieri Levi in Commissione Cultura – dice che sono esclusi dall’obbligo di iscriversi al Roc i soggetti che accedono o operano su internet per i prodotti o i siti personali o ad uso collettivo che non costituiscano organizzazione imprenditoriale del lavoro". Secondo Levi questo significa "che sono esclusi i blog che non rientrano in questo comma teso a ridefinire le responsabilità di chi opera su Internet".

Ma cosa significa "organizzazione imprenditoriale del lavoro"? La legge è volutamente ambigua per lasciare adito a libere interpretazioni della stessa.

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