Odontoiatria 33 pubblica l’editoriale a firma del Segretario AIO Danilo Savini dal titolo “la realtà ha la testa dura” che replica alle recenti prese di posizione di Michel Cohen, presidente dell’Associazione delle catene odontoiatriche ANCOD riguardo al post-Covid nei confronti dei sindacati odontoiatrici, giunte peraltro in contemporanea alla chiusura dei centri delle catene Dentix in Italia. Savini propone inoltre alcune puntualizzazioni riguardo a un interessante editoriale “Di Domenica” del Direttore di Odontoiatria 33 Norberto Maccagno. In fondo all’articolo, riportiamo infine la replica alle considerazioni di Savini contenuta nella risposta dello stesso Maccagno al nostro Segretario. Per chi ha voglia di capire il dibattito sulle forme societarie e soprattutto cosa si muove in filigrana in questo periodo di “ripresa”.

di Danilo Savini*

Leggo le dichiarazioni del presidente ANCOD dott. Michel Cohen, scritte subito prima e subito dopo la vicenda Dentix, leggo i commenti della stampa di settore e le reazioni delle Associazioni di Consumatori e di quelle di categoria (AIO, ANDI). Mi sorgono alcune riflessioni.

Il dott. Cohen afferma che, siccome nel post COVID si rischia la non riapertura di diversi studi di liberi professionisti, l’ANCOD con le sue catene di ambulatori, descritte come più solide, si rende disponibile, e per tutti i pazienti che non dovessero avere più un dentista. Contestualmente, chiede ad AIO ed ANDI di far fare anche sacrifici economici ai propri associati (ma non crede che le Associazioni lo faranno) per stare vicini a questi eventuali pazienti che si trovassero senza curante e addirittura si mette a disposizione del MISE per eventuali situazioni di criticità. Dopo la vicenda Dentix, della quale ancora non si vede la fine, lo stesso dott. Cohen dichiara invece che non si tratta di una catena associata ANCOD (ma formalmente aveva le spalle ben ampie proprio come quelle associate…) e che quelle associate si rendono disponibili a rilevare pazienti e finanziamenti dell’eventuale fallimento Dentix perché loro sono più solidi attrezzati e pagano le tasse.

Di base basterebbe commentare che se un giorno come rappresentante delle catene si afferma di temere la chiusura di studi privati e il giorno dopo dei Pazienti vengono lasciati soli da una grossa catena e sono proprio i liberi professionisti a dover venire loro in soccorso, un dignitoso silenzio sarebbe stato meglio. Ma questo è parere personale e tanto vale.

Veniamo ai fatti.

Può darsi che una percentuale di colleghi più alta della fisiologica normalità chiuderà i propri studi nel post COVID. Ora come sempre succede quei colleghi che chiuderanno, proteggeranno i propri pazienti indirizzandoli, consigliandoli, chiudendo i piani e infine lasciandoli liberi di scegliere il proprio nuovo curante nel libero e unico rapporto del paziente col sanitario che fa sì che questa sia una presa in carico personale e professionale e cioè buona medicina. Questo è sempre successo da molto prima che esistesse l’ANCOD e, spero, sempre succederà con il nuovo curante che, come da codice deontologico, in scienza e coscienza prenderà in cura il paziente rispettando le cure pregresse. Certamente AIO non chiederà nulla ai propri associati al riguardo (e credo neanche ANDI), ha ragione il dott. Cohen, proprio perché a differenza delle catene di ambulatori che lui rappresenta, non c’è alcun bisogno di indicare ai liberi professionisti come fare i liberi professionisti ed ai pazienti come fare pazienti come già ben argomentato dal mio Presidente.

Bene fa, invece, il dott. Cohen a esortare se stesso e gli associati a “comportarsi bene” in questo frangente. Al contrario degli studi professionali e degli ambulatori, dove prevalgono l’intuitus personae e il rispetto di un codice deontologico, le varie catene di ambulatori, che hanno come stella polare il dividendo, hanno dimostrato in maniera continua (caso I Dental in Spagna e casi più limitati in Italia, ora la dubbia situazione Dentix, e su tutto basta rivedere come inquadramento la puntata di Report “Dentocrazia”) di poter lasciare quello che loro considerano uno degli elementi del loro commercio, il pacchetto pazienti, in balia di se stesso o peggio, come ripetutamente proposto dal dott. Cohen, di spostarlo da una catena all’altra come fossero oggetti senza volontà.Per fare un esempio, proprio la solidissima catena DentalPro di cui il dott. Cohen ( Dottore in economia e commercio alla Bocconi, già Autogrill, e con un curriculum aziendale invidiabile ma che di pazienti non ne ha mai trattati), è stato fondatore ed ora, dopo averla venduta, CEO, è di proprietà di BC partners che è una Private Equity (un fondo di investimenti non italiano) con un pacchetto di 145 miliardi di euro, di cui DentalPro è, diciamo, neanche un centocinquantesimo: se l’investimento non desse utili significativi  in quanto tempo lascerebbe questo “asset marginale” a se stesso o in balia di acquirenti ben meno solidi?

E i pazienti li riproteggerebbe successivamente Dentalcoop o Vitaldent (per citare catene che fanno parte di ANCOD) per le quali sarebbe, appunto, utile riguardare la puntata di Report? E la scelta del curante? E quindi se le Private Equity sentono odore di crisi quali pazienti sono a rischio?

E la solidità su cosa va valutata? 

Nel suo insieme una rete “sociale” di 48 mila studi sotto codice etico è di sicuro più solida, inaffondabile e garanzia maggiore per i cittadini-pazienti di qualsiasi catena per quanto grande.

Per permettere a ogni forma societaria di esercitare l’odontoiatria l’unica strada utile, a difesa dei cittadini-pazienti, è la forma della Società tra Professionisti-StP che permette e, se davvero divenisse l’unica, sempre più permetterà di rimanere in condizioni etiche, fare buona medicina e autorizzare giusto inserimento di capitali.

Dissento in questo anche con l’apprezzabile DiDomenica del direttore Maccagno dove dice che la forma societaria di capitale non è rilevante e i politici non sentono l’argomento e che i professionisti sono comunque sempre responsabili delle terapie che fanno: se non si capisce che lasciando la porta aperta alla finanza pura non si possono salvare in contemporanea la medicina e l’utile, allora non si vuole difendere i pazienti! Inoltre è ormai una foglia di fico, datata 15-20 anni, dire che le Partite Iva che lavorano nelle catene nella stragrande maggioranza sono liberi professionisti che possono scegliere liberamente il piano di trattamento, come farlo o non farlo. Non è che continuando a dirlo diventa vero, non è così.

Caro Direttore se dovessi fare un paragone è come se dicessi che io le scelgo la carta, l’inchiostro, il tempo che ci deve mettere, l’argomento, la lunghezza del pezzo, il taglio editoriale, dove deve lavorare, il risultato che deve ottenere, il Suo guadagno, poi mentre scrive c’è qualcuno, da me stipendiato, che La controlla e Lei è responsabile degli eventuali guai (anche per questo oltre che per convenienza non la assumo, quindi si faccia un’assicurazione), perché la proprietà non risponde e il direttore responsabile non è che sia proprio liberissimo, anzi, e se il giornale chiude per qualsiasi motivo, anche di propria convenienza, ci rimane Lei col cerino…. Inoltre stia sereno ché se non lo fa Lei lo fa un altro, tanto c’è la fila.

Bene ora si definirebbe un libero giornalista in grado di dire che ogni suo pezzo è libero come lei?

Veniamo ora a cosa vuole fare AIO.

La nostra Associazione vuole rimanere vicina ai colleghi affinché il minor numero possibile sia costretto a chiudere (per questo abbiamo interpellato il Mise e non per sperare di prendere i pazienti dei colleghi che chiudono come fa l’ANCOD). Siamo vicini ai pazienti perché troveranno sempre fra i nostri associati o fra tutti gli altri professionisti chi si prenderà cura dei loro bisogni clinici, umani ed economici attivandosi anche dal punto di vista finanziario e non proponendo come soluzione di ogni male un finanziamento con una finanziaria (magari del proprio fondo di investimenti). Poi chiudiamo con le tasse. 

Ogni singolo ambulatorio delle catene (chiamarle cliniche è un errore logico e legale, valido solo come specchietto per le allodole, perché la clinica dovrebbe avere maggiore complessità e la possibilità di ricovero almeno diurno) che non sono low-cost per il paziente come da loro definizione e come stabilito da indagini indipendenti, dichiara un utile più basso e paga meno tasse di qualsiasi studio odontoiatrico comunque costituito, vedi dati dell’Agenzia delle Entrate, e essendo di proprietà di società residenti, all’estero il gettito per lo Stato è molto più basso che se gli stessi pazienti fossero stati curati in maniera più controllata eticamente e allo stesso prezzo in uno studio di un libero professionista o StP. L’evasione e l’elusione vanno eliminate, di qualsiasi tipo.

Sicuri che MEF e MISE debbano sentire i rappresentanti di Private Equity estere per garantire la salute dei cittadini italiani?

* Segretario Nazionale Associazione Italiana Odontoiatri – AIO

 

IL COMMENTO DI NORBERTO MACCAGNO – DIRETTORE DI ODONTOIATRIA 33

Per scelta quasi mai commento le lettere  ai miei DiDomenica, quella domenicale è la mia visione di una questione e ci mancherebbe che altri non abbiano una visione diversa dalla mia. Mi permetto però di scriverle per mail due cose.
La prima è sulle società, il mio pensiero non è quello che lei ha percepito, ma in poche righe non riuscirei a spiegare, magari ci dedico un prossimo DiDomenica.
Mi concentro quindi sull’interessante paragone tra il suo ed il mio lavoro, certamente calzante. Ovvero un editore mi impone cosa scrivere e quanto guadagnare così come un imprenditore impone ad un dentista come curare un paziente e quanto pagarlo.
Per l’imposizione sul cosa scrivere la Costituzione e l’Ordine mi impongono di essere libero e dare la notizia (vera) solo come ritengo sia corretto darla, così come il vostro Codice deontologico vi impone di curare il paziente secondo scienza e coscienza. Se quindi io mi piego all’editore commetto un illecito, così come commette un illecito professionale il dentista che toglie un dente curabile per mettere un impianto perchè più conveniente alla Catena ma anche a lui che è pagato a percentuale.
Sia il giornalista che il dentista hanno la possibilità di scelta, di non commettere l’illecito ed andarsene (magari pure denunciando editore o imprenditore) oppure diventare complici.
Sull’aspetto del compenso invece è una questione personale. Un libero professionista è libero di accettare i compensi che crede, ed anche in questo caso se non gli sta bene va via.
Certo che c’è la coda a fare i collaboratori o i direttori sanitari. Magari se verso i direttori sanitari venissero aperti più spesso procedimenti disciplinari, viste le tante responsabilità che hanno, probabilmente sarebbe più difficile trovarne disposti ad assumere tali responsabilità per poche centinaia di euro e svolgerebbero con puntiglio il compito che gli è assegnato: vigilare.
Come scrivevo è semplicistico puntare il dito verso l’imprenditore e assolvere il collega con un “ma tiene famiglia”. Poi c’è indubbiamente il tema di fondo che però è un altro: le regole che tutelano il mercato possono valere per tutelare i pazienti? Anche su questo porto nel mio DiDomenica alcune considerazioni stando fuori dalla questione Srl o StP. Come dicevo su questo tornerò sicuramente con un DiDomenica.
Norberto Maccagno
Direttore editoriale Odontoiatria33

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