venerdì 28 settembre 2007
Tribunale Penale di Nola, sentenza del 09.08.07
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Colpa medica
LA CONDOTTA DELLA MANCATA E/O INTEMPESTIVA DIAGNOSI DI LESIONE ULCEROSA PER MANCATO ESAME GASTROSCOPICO COSTITUISCE CONDITIO SINE QUA NON DEL VERIFICARSI DELL’EVENTO MORTE:
SUSSISTENZA DEL NESSO DI CAUSALITA’
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[Tribunale di Nola, Giudice Monocratico, Dott.ssa Diana Bottillo, sentenza del 09.05.07, depositata il 09.08.07]
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(massima a cura dell’ Avv. Angelo Pignatelli)
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OMICIDIO COLPOSO
Responsabilità colposa fondato sulla verifica della prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo, con riferimento alla colpa professionale o specifica connessa a talune attività intrinsecamente ad alto rischio – sussistenza della responsabilità colposa nel caso in cui sia oltrepassato il limite del rischio consentito e tollerato dal sistema, ovvero nelle ipotesi di inosservanza delle regole di condotta cristallizzate nelle specifiche leges artis e codificate sulla base della miglior esperienza nel settore, regole che già individuano e contengono in sè il giudizio di prevedibilità ed evitabilità dei rischi e pericoli espresso in base alla miglior arte ed esperienza scientifica del settore – responsabilità dell’agente per colpa dei soli danni prevedibili e prevenibili con l’osservanza delle regole tecniche, non invece di quelli prevedibili ma verificatisi nonostante la fedele osservanza della norma di cautela;
NESSO DI CAUSALITA’
Necessaria verifica sia del comportamento omissivo o commissivo quale causa della produzione dell’evento lesivo, sia che la regola di cautela non osservata fosse predeterminata proprio ad evitare quello specifico evento lesivo verificatosi in concreto;
RESPONSABILITA’ DEL PERSONALE SANITARIO
Sussistenza di differenziazione dei ruoli e delle funzioni attribuite a ciascuno dalla normativa vigente – attribuzione al primario o il suo facente funzioni, ovvero al personale medico di turno delle scelte operative terapeutiche e diagnostiche del caso concreto, competendo a tali soggetti le funzioni di indirizzo, direzione e verifica dell’attività diagnostica e terapeutica – competenza del personale paramedico in merito ai soli compiti di natura esecutiva e di ausilio al medico nelle prestazioni sanitarie: esonero per gli stessi da adottare scelte terapeutiche ovvero da formulare diagnosi o infine da assumere decisioni che implicano valutazioni di tipo medico.
Assunzione di posizione di garanzia del medico e, quindi la tutela e la vigilanza della salute del paziente ricoverato sottoposto alle sue cure: configurabilità di responsabilità colposa laddove non sia ricorso ad interventi o rimedi terapeutici anche rischiosi di fronte ad una limitata speranza di salvezza ed una probabilità quanto meno apprezzabile di successo che consenta anche solo un allungamento della vita del paziente.
CONDOTTA DEL SANITARIO
consistita nella mancata prescrizione e/o pratica di gastroscopia immediatamente dopo le prime serie avvisaglie della emorragia ovvero, in alternativa, mancato trasferimento urgente della paziente presso altra struttura attrezzata per tali esami e per eventuali interventi chirurgici finalizzati alla verifica delle ulcere all’apparato gastroduodenale e per il trattamento emostatico delle perforazioni di modesta entità: violazione delle regole dettate dalle leges artis in materia – Accertamento della sussistenza del nesso di causalità secondo principio della "probabilità logica" ovverosia dell’alto grado di credibilità razionale effettuando il giudizio logico ex ante (collocandosi cioè mentalmente al momento in cui la condotta è stata posta in essere) sulla base delle circostanze concrete del fatto e dell’evidenza disponibile – condotta del sanitario, che sia stata con alto grado di credibilità razionale (dunque, con una percentuale prossima a cento), la conditio sine qua non dell’evento lesivo nel senso che l’evento non si sarebbe verificato o sarebbe stato ritardato laddove vi fosse stato il puntuale rispetto da parte del sanitario delle regole cautelari stabilite dalla miglior scienza ed esperienza del settore – una tempestiva diagnosi di lesione ulcerosa e la conseguente emorragia avrebbero potuto essere tamponate con maggiori possibilità di successo con adeguate terapie emostatiche, così da scongiurare l’evento mortale sopravvenuto per le complicanze agli organi vitali compromessi dalla copiosa fuoriuscita di sangue: sussistenza della responsabilità colposa del sanitario.
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TRIBUNALE DI NOLA
(…)
Con riferimento alle cause del decesso della signora Tizia, in data 12/10/2001 veniva conferito l’incarico dal Pubblico Ministero al consulente tecnico dott. G., medico specialista in chirurgia generale presso l’ospedale *** A.S.L./1 di xxx, esaminato quale teste all’udienza del 18/04/2005.
Dalla deposizione del consulente il cui elaborato tecnico veniva acquisito al fascicolo dibattimentale, sono emersi in primo luogo alcuni dati significativi circa le complessive condizioni fisiche della paziente Tizia. Ed invero, la signora nell’anno 1997 fu già ricoverata presso la clinica kkk in quanto affetta da una serie di patologie (diabete, vasculopatia, disturbi all’apparato cardiocircolatorio, colecistiopatia cronica con microcalcolosi, artrosi pluridistrettuale con prevalente interessamento del rachide lombosacrale).
Successivamente, il 15/10/1999, il dott. C., sanitario di fiducia della Tizia, ne disponeva il ricovero presso la Clinica kkk per un sospetto di gastroduodenite erosiva, confermando le pregresse patologie (disturbi vascolari, colecistiopatia, artrosi).
Il sospetto di gastroduodenite erosiva rilevato dal dott. C. ovverossia l’alterazione del normale funzionamento dello stomaco e del duodeno, che è la prima porzione dell’intestino, avrebbe potuto indurre l’alterazione dei normali valori dell’emocromo e quindi determinare ripetuti episodi emorragici da cui la necessità del ricovero al fine di effettuare le opportune indagini anche in ragione delle complessive condizioni generali critiche della paziente. La decisione del prof. C. di disporre il ricovero della paziente al fine di effettuare indagini ad ampio raggio ed avere un quadro clinico complessivo della paziente appare dunque del tutto condivisibile e corretta.
Precisava il consulente che, sulla scorta delle indicazioni del prof. C., la paziente faceva ingresso alla clinica in data 16/10/1999 con diagnosi di sospetta gastroduodenite erosiva oltre ad alcune patologie pregresse descritte analiticamente nella cartella clinica (in particolare l’artrosi diffusa e la colecisti) per le quali assumeva costantemente dei farmaci antiinfiammatori, come tali idonei a determinare gastriti. All’atto del ricovero furono richiesti diversi esami specialistici riportati in cartella in ragione del quadro clinico complessivo della paziente affetta da diverse patologie (radiografia del torace, ecografia addominale, ecografia dell’apparato urinario e della tiroide, ecocardiogramma,ecografia dei tronchi sovraortici e delle arterie, esame doppler sugli arti inferiori, visita neurologica e visita oculistica).
Alle 12.00, dalla cartella clinica emerge il calo di pressione che dal valore iniziale 160/100 scende a 70/30, con tachicardia e sudorazione fredda. Gli esami del sangue rivelano, infine, una sideremia ed un’emoglobina piuttosto basse.
Precisava il consulente che, tenuto conto delle pregresse patologie della Tizia e della assenza di fenomeni emorragici all’atto della visita effettuata dal dott. C., la diagnosi e la richiesta di ricovero formulate dallo stesso devono ritenersi corrette. Analogamente, deve ritenersi corretto l’operato dei medici che, all’atto del ricovero della paziente, la sottoposero ad una serie di esami specialistici adeguati alle patologie da cui la stessa era affetta. A parere del consulente mancava tuttavia l’esofacogastroduodenoscopia, ovverossia l’esame endoscopico necessario per diagnosticare patologie ed eventuali episodi emorragici a livello dell’esofago, della stomaco e del duodeno.
Dalla documentazione medica esaminata, si evince che neppure nei giorni successivi è stata eseguita alcuna gastroscopia non essendovi traccia di tale indagine nella cartella clinica, mentre due gastroscopie risultano viceversa eseguite successivamente all’ospedale C..
Circa l’insorgere dell’emorragia, asseriva il teste che, se in precedenza poteva esserci un silente fenomeno di stillicidio emorragico non rilevabile se non attraverso indagini approfondite, successivamente, molteplici segnali evidenziavano una emorragia acuta in atto. Ed infatti, il 18 ottobre, due giorni dopo il ricovero, alle ore 17.00 è annotato in cartella un episodio di perdita di coscienza della paziente preceduto da sudorazione fredda, tachicardia sinusale ed extrasistole. L’esplorazione rettale confermava poi la presenza di sangue nell’ultimo tratto dell’intestino, indizio sintomatico di una probabile emorragia del canale alimentare dell’intestino sebbene non venisse specificato se si trattasse di sangue scuro o rosso vivo. Inoltre, l’emocromo evidenziava che il valore di emoglobina pari a 8.6 all’atto del ricovero, era sceso a 5.9. Alle ore 22.00, la paziente presentava sudorazione e calo di pressione arteriosa (80/60), oltre che una sofferenza cerebrale (midrasi) con battito cardiaco del polso non apprezzabile. Inoltre si registrava un episodio di ematemesi (emissione di sangue dalla bocca di provenienza digestiva) e di melena (emissione di sangue dal retto). Vengono quindi praticate l’ossigenoterapia, la trasfusione di sangue ed inserito un sondino nasogastrico nello stomaco e drenati circa 200 cc. di liquido ematico frammisto a succo gastrico. Dalle annotazioni contenute nella cartella clinica, non risultano registrati ulteriori interventi tra le ore 17.00 e le ore 22.00 del 18 ottobre. Analogamente non risultano annotazioni relative al giorno 17.
Non risulta infine richiesto né praticato l’esame EGDF Esofagogastroduodenoscopia, ovverossia l’esame per la diagnosi di patologie dell’esofago, stomaco e duodeno mediante introduzione nel cavo orale di un endoscopio flessibile a fibre ottiche.
Dopo le ore 22.00, attese le condizioni gravi, la paziente è stata trasferita all’Ospedale zzzz di N., struttura più attrezzata per eseguire la gastroscopia d’urgenza e per sottoporre la Tizia a terapie intensive ed eventualmente chirurgiche. Invero, dalla documentazione sanitaria risulta che la paziente è stata sottoposta alle ore 00,30 a gastroscopia non solo diagnostica ma anche terapeutica. Infatti, verificata la presenza di una lesione sanguinante, è stata effettuata un’emostasi farmacologica con somministrazione di adrenalina che tamponava temporaneamente l’emorragia. Successivamente, il giorno 19, a causa della ripresa dell’emorragia, è stato necessario sottoporre la paziente ad intervento chirurgico d’urgenza di demolizione parziale dello stomaco. La paziente è rimasta in rianimazione dove poi è deceduta per le complicanze insorte in data 21/10/1999.
A parere del consulente, l’episodio lipotimico e la comparsa di sangue annotati in cartella alle ore 17,00 del 18/10/1999 sono eventi indicatori di una sospetta emorragia acuta di talchè era consigliabile procedere in quel momento ad una gastroscopia ed al trasferimento presso una struttura ospedaliera più attrezzata per un eventuale intervento chirurgico.
Come risulta dalla cartella clinica, la paziente è stata in realtà sottoposta a terapie farmacologiche idonee a ridurre l’acidità dell’ambiente gastrico ed a favorire la coagulazione e l’emostasi attraverso la somministrazione di gastroprotettori (Ulcex ed Ugurol), ma tali terapie sono state effettuate quando l’emorragia era già in fase acuta (annotazione in cartella delle ore 21,10 del 18/10/1999). Se la terapia farmacologica adeguata fosse stata praticata nella fase iniziale e latente della emorragia, la stessa sarebbe stata probabilmente arginata. Evidenziava inoltre il consulente circa le cause dell’ulcera erosiva che, pur assumendo la paziente in modo costante dei potenti antiinfiammatori per le pregresse patologie, non risulta dalla documentazione sanitaria esaminata l’assunzione contestuale di farmaci gastroprotettori normalmente consigliata in coppia con gli antinfiammatori trattandosi di farmaci altamente lesivi per l’apparato gastrico se assunti in modo costante.
Concludeva il consulente che, pur potendosi esprimere un giudizio in termini meramente probabilistici, il ritardo di cinque ore nel trasferimento della paziente presso il C. (alle 22,00 l’emorragia ha avuto la sua evoluzione tumultuosa ed acuta) può aver inciso sull’evento morte. Sebbene infatti le condizioni critiche della paziente avrebbero portato inevitabilmente all’intervento chirurgico rivelatosi indispensabile, laddove l’emostasi endoscopica fosse stata praticata qualche ora prima, la stessa avrebbe avuto verosimilmente un risultato più duraturo e l’emorragia sarebbe stata arginata per un tempo superiore. Analogamente, se attuato precocemente, anche l’intervento chirurgico praticato avrebbe avuto maggiori probabilità di successo per quanto il ricorso alla manovra chirurgica è da riservare ai casi estremi e solo nel caso di fallimento della emostasi endoscopica, stante l’alto tasso di mortalità e la sopravvenienza di complicanze. Nel caso di specie, il decesso sopravveniva proprio per la cospicua perdita di sangue in un paziente anziano in condizioni generali di salute già critiche e compromesse in partenza. In particolare, la emorragia tumultuosa unita alla sideremia bassa ed emoglobina inferiore alla norma all’atto del ricovero (8/9 a fronte del valore normale 14/15), peraltro indicatori di un probabile pregresso stillicidio ematico lieve ma costante, nonchè alla iperazootemia, chiaro sintomo di un pregresso cattivo funzionamento dei reni ed alla preesistente cardiopatia, ha determinato un grave peggioramento del funzionamento di tali organi vitali compromessi dalla perdita rilevante di sangue. A sua volta la causa dell’episodio emorragico tumultuoso è da ravvisarsi non tanto nella gastroduodenite erosiva quanto prevalentemente dall’ulcera del pancreas da cui la paziente era affetta, lesione diagnosticabile solo con una approfondita gastroscopia. Il decesso è quindi sopravvenuto per la progressiva defaillance multiorgano determinata dalla copiosa perdita di sangue.
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In merito alle cause del decesso della signora Tizia ed alle eventuali responsabilità dei medici, all’udienza del 4/07/2005 è stato esaminato il consulente indicato dalle parti civili costituite dott. M., specialista in medicina interna e tecnico-endoscopica.
A parere dello specialista, da una attenta lettura della cartella clinica e di tutta la documentazione sanitaria relativa alla paziente, già all’atto del ricovero ed in ogni caso, dopo poche ore dal ricovero, il quadro clinico evidenziava un probabile sanguinamento del tratto digestivo. In particolare, l’assunzione costante di farmaci antiinfiammatori (FANS), responsabili di gastriti, la presenza di anemia e di valori bassi dell’emoglobina e la sintomatologia caratterizzata da fenomeni dispeptici e dolori allo stomaco, nonchè da lipotimia sono dati che, globalmente valutati, lasciavano presumere la presenza di un fenomeno emorragico in atto da cui la necessità di procedere ad una esofagogastroduodenoscopia (EGDS). Infatti tale esame, se attuato precocemente e, quindi, prima che la lesione ulcerosa divenisse profonda e l’emorragia particolarmente tumultuosa e violenta, avrebbe potuto arginare la fuoriuscita di sangue dato che l’endoscopia, oltre a costituire il mezzo diagnostico, nei casi di lesioni ulcerose emorragiche superficiali ed allo stato iniziale, si utilizza anche come terapia per effettuare l’emostasi attraverso il sondino inserito nella cavità dello stomaco e la somministrazione di un farmaco coagulante. Deve rilevarsi al riguardo che la lesione ulcerosa, se non curata, ha un andamento progressivo e diviene irreparabile dopo 24/48 ore dal suo inizio. Pertanto, se l’emostasi endoscopica fosse stata praticata 24/48 ore prima, l’ emorragia sarebbe stata verosimilmente tamponata e probabilmente evitato l’intervento chirurgico e scongiurato il pericolo morte, riducendosi invece le probabilità di successo man mano che la lesione diviene più profonda e la cavità dello stomaco si riempie di sangue come è avvenuto nel caso di specie. In particolare, alla paziente Tizia la gastroscopia endoscopica andava certamente effettuata dopo il primo episodio lipotimico delle ore 12,00 del 16 ottobre, chiaro sintomo della emorragia in atto se valutato unitamente alla presenza di anemia ed al valore basso della emoglobina.
In altri termini, un profilo di responsabilità colposa dei medici della Casa di Cura kkk va ravvisata nella mancata esecuzione dell’esofagogastroduodenoscopia (EGDS), indagine che avrebbe consentito di diagnosticare ed arginare l’emorragia in atto, ovvero, in alternativa, in assenza della strumentazione e dello specialista gastroenterologo, nel mancato tempestivo trasferimento della paziente presso una struttura ospedaliera attrezzata.
Ulteriore profilo di negligenza va ravvisato nella tenuta irregolare della cartella clinica atteso che, dopo l’annotazione del 16 ottobre/ore 12.00 dell’episodio lipotimico, fatto clinico allarmante per una paziente anziana in condizioni di salute critiche, le successive registrazioni risalgono al 18 ottobre, omettendosi dunque qualunque annotazione relativa al giorno 17.
Con riferimento invece alla diagnosi formulata dal prof. C., la richiesta di ricovero per sospetta gastroduodenite erosiva formulata dal medico appare corretta in base ai protocolli del settore quale diagnosi di presunzione che andava verificata attraverso gli esami specialistici strumentali.
Precisava, altresì, il consulente che la terapia farmacologica praticata attraverso la somministrazione di farmaci coagulanti non era adeguata al quadro clinico ed alla sintomatologia della paziente atteso che, secondo la letteratura scientifica ed i protocolli medici, per le emorragie del tratto digestivo alto è solo l’emostasi endoscopica la terapia idonea, mentre la chirurgia è riservata ai casi estremi.
All’udienza del 13/03/2006, si procedeva infine al confronto ex art.211 c.p.p. tra i consulenti medici esaminati in dibattimento.
Il dott. G.G. ribadiva che nei giorni precedenti alla visita effettuata dal Professore C. non risultava documentata una precisa sintomatologia di eventi emorragici in atto.
Il ricovero, gli esami richiesti e praticati, a suo parere, risultano adeguati alle patologie della paziente e rispettano i protocolli scientifici.
Per una diagnosi completa risultava tuttavia necessaria l’esofagogastroduodenoscopia ovverossia la gastroscopia endoscopica. Infatti, tenuto conto del sospetto diagnostico di gastroduodenite erosiva formulato correttamente dal Prof. C., nonchè delle condizioni fisiche generali non buone della paziente ed in particolare della assunzione costante di farmaci antinfiammatori altamente gastrolesivi, la gastroscopia si rivelava un esame indispensabile al fine di verificare l’esistenza di fenomeni emorragici.
Circa i tempi in cui andava praticato l’esame strumentale, precisava il consulente che, all’atto del ricovero, le prime indagini correttamente effettuate evidenziavano un certo equilibro emodinamico che non rendeva urgentissima la gastroscopia. Viceversa, alle ore 12,00 del 16 ottobre, riscontrandosi valori bassi ed anomali dell’emoglobina e della sideremia rispetto ai valori ematici all’atto del ricovero, verificandosi i primi episodi di perdita dei sensi, la gastroscopia è un esame che andava richiesto ed effettuato al fine di accertare la presenza di fenomeni emorragici in atto.
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Dal canto suo il dott. M., ribadiva che il Prof. C. ha potuto correttamente formulare una diagnosi solo di presunzione di sospetta gastroduodenite erosiva sulla scorta del quadro clinico complessivo della paziente, della assunzione costante di antiinfiammatori e della sintomatologia che la paziente accusava (dispepsia e dolore allo stomaco), non essendovi ulteriori elementi indicatori dell’emorragia.
L’obbligo per il medico di sottoporre la paziente con quel quadro clinico ad una gastroscopia è sorto con certezza nel momento in cui gli esami del sangue hanno rivelato una consistente anemia e valori bassi di emoglobina (8,6). Pur trattandosi di un esame relativamente invasivo specie se praticato su paziente anziano con problemi cardiocircolatori ed in condizioni di salute critiche, è l’esame endoscopico l’unico in grado di diagnosticare la presenza di ulcere ed emorragie e di funzionare anche come intervento terapeutico consentendo la coagulazione e l’emostasi.
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All’udienza del 5/12/2005 l’imputato Caio rendeva spontanee dichiarazioni.
In particolare, precisava che, alle ore 17.00 del 18/10/1999 la paziente Tizia ebbe un calo notevole dell’emoglobina ed uno shock ipovolemico con grave ipossia agli organi vitali. Tali eventi, unitamente alle condizioni cliniche generali di salute della paziente hanno indotto la scelta medica di evitare la gastroscopia, esame invasivo e rischioso -secondo la letteratura scientifica- nei pazienti che versano in condizioni di shock ipovolemico e di ipossia grave. Asseriva quindi di aver applicato il protocollo medico ordinario consistente nella somministrazione di antiacidi ed antiemorragici.
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Alla luce di tali risultanze processuali, ritiene il Giudicante che gli imputati C.F. e M.O. vadano prosciolti dalla contestazione loro ascritta in concorso, risultando viceversa provata la penale responsabilità del coimputato Caio.
In punto di diritto vanno svolte alcune brevi premesse in merito alla responsabilità colposa.
In base all’art.43 c.p., il reato è colposo "quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza, imprudenza, imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline". Elemento qualificante della colpa è dunque, oltre la non volontà dell’evento, la inosservanza delle regole cautelari di condotta volte a prevenire il verificarsi di eventi rischiosi o dannosi e determinate sulla base della miglior scienza ed esperienza del momento storico nello specifico settore (colpa generica nell’ipotesi di inosservanza delle comuni regole di condotta non scritte di diligenza, prudenza e perizia; colpa specifica nel caso di inosservanza delle regole scritte cristallizzate in leggi, regolamenti, ordini o discipline). Oltre alla violazione della norma cautelare di condotta è necessario altresì che all’agente possa muoversi il rimprovero della loro mancata osservanza sulla base del criterio della prevedibilità e prevenibilità o evitabilità dell’evento. In altri termini, nessun rimprovero o addebito può muoversi all’agente se l’evento lesivo non poteva comunque essere previsto o impedito neppure con l’osservanza della regola di cautela.
Il giudizio di prevedibilità ed evitabilità va effettuato ex ante alla stregua del parametro dell’agente- modello individuato in relazione a ciascun tipo di attività intrapresa, cioè dell’uomo giudizioso ejusdem professionis et condicionis, nonchè in concreto, ovverossia arricchendo il modello di agente osservante le regole di condotta scritte che prevengono il rischio consentito, con le condizioni e circostanze soggettive ed oggettive in cui avviene l’azione e, dunque, con le maggiori conoscenze dell’agente concreto (cfr.Cass.pen.sez.IV° 2/10/2003 nr.37473, Bruno, Cass.pen.sez.IV°6/03/1997 nr.2139 Spina).
L’accertamento giudiziale della responsabilità colposa richiede, dunque, la verifica della sussistenza del nesso di causalità tra la condotta e l’evento lesivo (art.40 c.p.) nel senso che quest’ultimo deve essere stato determinato dall’azione od omissione quale sua diretta conseguenza sulla base del criterio della prevedibilità ed evitabilità dell’evento. In altri termini, occorre accertare sulla base di una ricostruzione logica se, laddove l’azione posta in essere non fosse stata realizzata, l’evento lesivo non si sarebbe verificato ovvero, nella causalità omissiva, se l’azione doverosa omessa avrebbe impedito il verificarsi dell’evento lesivo (causalità normativa).
Va poi evidenziato che, nel caso di concorso di più cause ciascuna idonea e sufficiente in modo autonomo a produrre l’evento, per il principio riconosciuto dall’ordinamento della equivalenza delle cause concorrenti (art.41 c.p.), il nesso di causalità può essere escluso solo se interferisca nel processo causale un fattore autonomo, eccezionale, atipico ed imprevedibile e, come tale, assorbente rispetto alla incidenza delle altre cause e della condotta dell’agente da considerarsi tamquam non esset (cfr.Cass.pen.sez.V° 15/05/1991 nr.5249 Rossini)
Circa il criterio della prevedibilità deve rilevarsi che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, l’efficienza causale dell’azione od omissione nella produzione dell’evento lesivo deve essere accertata in termini di certezza o, comunque, con alto grado di credibilità razionale o probabilità logica. La probabilità prossima alla certezza deve potersi ritenere raggiunta laddove, sulla base delle leggi di "copertura" della condotta e dell’evento (leggi "universali" che consentono di affermare in modo scientificamente assoluto che una determinata condotta produce un determinato evento, ovvero leggi "statistiche" che consentono la medesima affermazione in una certa percentuale di casi verificata con metodi scientifici), sia possibile effettuare il giudizio controfattuale (se cioè l’evento non si sarebbe verificato attuando l’azione doverosa omessa ovvero non tenendo quella determinata condotta posta in essere) con una percentuale vicina a cento (cfr.Cass.pen.sez.IV°9/03/2001 nr.9780 Baltrocchi; Cass.pen.IV°6/04/2001 nr.14006).
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Premesso il criterio generale dell’accertamento della responsabilità colposa fondato sulla verifica della prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo, con riferimento alla colpa professionale o specifica connessa a talune attività intrinsecamente ad alto rischio (attività sportiva, attività medica, circolazione stradale, attività lavorativa), la responsabilità colposa sussiste laddove sia oltrepassato il limite del rischio consentito e tollerato dal sistema, ciò che si verifica nelle ipotesi di inosservanza delle regole di condotta cristallizzate nelle specifiche leges artis e codificate sulla base della miglior esperienza nel settore, regole che già individuano e contengono in sè il giudizio di prevedibilità ed evitabilità dei rischi e pericoli espresso in base alla miglior arte ed esperienza scientifica del settore. Ne discende che, nell’ambito delle attività socialmente rischiose, il puntuale rispetto delle leges artis prefissate esime da responsabilità anche laddove si sia verificato l’evento dannoso, semprechè detto evento sia riconducibile al tipo di evento che la regola specifica mirava propriamente a prevenire. L’agente pertanto risponderà per colpa dei soli danni prevedibili e prevenibili con l’osservanza delle regole tecniche, non invece di quelli del tutto imprevedibili oppure prevedibili ma verificatisi nonostante la fedele osservanza della norma di cautela.
Va da sè che, laddove la norma cautelare scritta non sia esaustiva e non esaurisca la misura di diligenza richiesta in quella situazione o in quella attività, sussiste comunque l’obbligo di rispettare sempre e comunque le regole prudenziali e di diligenza non codificate e dettate dalla comune esperienza.
Secondo il costante orientamento giurisprudenziale, in tema di colpa professionale, per l’accertamento del nesso di causalità, è dunque necessario riscontrare non solo che un determinato comportamento omissivo o commissivo abbia prodotto l’evento lesivo ma anche che la regola di cautela non osservata fosse predeterminata proprio ad evitare quello specifico evento lesivo verificatosi in concreto (cfr.Cass.pen.sez.IV°26705/2004 nr.24051 Fatuzzo).
Il principio della "probabilità logica" ovvero dell’alto grado di credibilità razionale relativamente all’accertamento giudiziale del nesso di causalità è stato sancito dalla Suprema Corte in tema di colpa professionale medica (Cass. pen . Sez. Unite 11/09/2002 nr.30328 Franzese). In altri termini, il Giudice è tenuto a verificare la correttezza dell’operato del sanitario, soggetto che riveste per legge una posizione di "garanzia" e, come tale, obbligato al rispetto delle leges artis del settore, secondo un giudizio logico ex ante (ossia collocandosi mentalmente al momento in cui la condotta è stata posta in essere) e ad accertare la validità del coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica sulla base delle circostanze concrete del fatto e dell’evidenza disponibile così che, all’esito del ragionamento probatorio, si possa escludere l’interferenza di fattori alternativi pregnanti e possa affermarsi con alto grado di credibilità razionale (dunque, con una percentuale prossima a cento), che la condotta del sanitario sia stata la conditio sine qua non dell’evento lesivo e che il suddetto evento lesivo non si sarebbe verificato laddove vi fosse stata la necessaria perizia ovverossia il rispetto da parte del sanitario delle regole cautelari stabilite dalla miglior scienza ed esperienza del settore.
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Esaminati i tratti qualificanti dell’accertamento giudiziale della responsabilità colposa, vanno valutate le complessive risultanze processuali.
Va premesso che la contestazione formulata dal Pubblico Ministero attiene alla imperizia dei medici in servizio presso la Casa di Cura kkk relativamente alla paziente ivi ricoverata Tizia consistente nell’aver sottovalutato la sintomatologia della presenza di una emorragia allo stomaco in atto e nell’aver omesso l’esofagogastroduodenoscopia, esame strumentale indispensabile per l’accertamento diagnostico, e nell’aver, comunque, ritardato il trasferimento della paziente presso idonea struttura attrezzata.
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Ciò premesso, quanto al profilo medico-le