§ – I versamenti su conto corrente bancario, in assenza di prova contraria del contribuente che attesti la loro inerenza all’imponibile dichiarato ovvero ad operazioni non imponibili, si presumono rappresentativi di corrispettivi imponibili in forza di una vincolante valutazione legislativa. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto la legittimità di indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica ovvero a quelli degli amministratori di società contribuente, reputando il rapporto familiare sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari intestati o cointestati agli indicati soggetti. [Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]

Cassazione Civile – Sez. V, Sent. n. 20858 del 05/10/2007

omissis

Svolgimento del processo

K.G., odontoiatra, propose ricorso avverso l’avviso di accertamento, con il quale l’Ufficio aveva rettificato, a fini irpef e del c.s.s.n., la dichiarazione dei redditi relativi all’anno 1994: elevando il reddito di partecipazione in dipendenza della rettifica del reddito dello "Studio associato di odontoiatria "K", del quale il ricorrente era partecipe per la quota del 53%; accertando reddito di lavoro autonomo da "attività libera di odontoiatra", come da risultanze di p.v.c. della G.d.F. "acquisito come parte integrante della motivazione"; irrogando sanzioni D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 46, per infedeltà della dichiarazione, nonchè ai sensi del successivo art. 51, per omessa tenuta della contabilità.

In ricorso del contribuente fu parzialmente accolto dall’adita commissione provinciale, che, per quanto qui ancora interessa, rideterminò il reddito di lavoro autonomo in misura inferiore a quella accertata dall’Ufficio.
La decisione fu appellata sia dall’Ufficio sia dal contribuente.
L’Ufficio contestò la misura della riduzione forfetaria stabilita dalla commissione nel 71%; il contribuente lamentò: la mancanza di motivazione della sentenza impugnata in merito al rigetto dell’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento relativamente al reddito di lavoro autonomo e alla irrogazione delle sanzioni; la violazione dell’art. 115 c.p.c., per omessa considerazione, in relazione al prospettato lavoro autonomo, che non era stato provato dall’Ufficio nè dove nè quando il contribuente avesse svolto attività professionale al di fuori di quella espletata nello Studio Associato di odontoiatria nonchè che i conti-correnti attribuiti alla titolarità personale del contribuente erano invece cointestati al coniuge dello stesso.
La commissione regionale accolse l’appello dell’Ufficio e respinse, invece, quello del contribuente. Ritenne, infatti, apodittica la determinazione della percentuale di abbattimento forfetario nella misura del 71% ed affermò, d’altro canto (ed è su questo profilo su cui specificamente si sviluppa il presente giudizio di legittimità), che l’atto impugnato risultava del tutto adeguatamente motivato anche per relationem al verbale di constatazione delle G.d.F. e che l’accertamento era conforme alla normativa, che consentiva l’accertamento presuntivo in presenza di una redditività ulteriore, rispetto a quella dichiarata, risultante dalla movimentazione di conti-correnti bancari in disponibilità del contribuente quali potevano reputarsi anche quelli cointestati a familiari.
Avverso tale pronuncia, il K. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
L’Amministrazione finanziaria ha resistito con controricorso, deducendo, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, il contribuente deduce "nullità della sentenza per difetto di motivazione sia per violazione del principio sancito dall’art. 2697 c.c., per la mancata produzione di prove da parte dell’Ufficio, sia per l’omessa pronuncia sulla relativa eccezione proposta col terzo motivo di appello (sub B/II/a)". In sostanza, il contribuente sembra, in proposito, lamentare che i giudici di appello: a) non hanno tenuto conto del denunziato difetto di motivazione del contestato avviso di accertamento; b) non hanno motivato in relazione alla dedotta carenza di prova della pretesa fiscale.
Con il secondo motivo di ricorso, il contribuente deduce "violazione dell’art. 111 Cost., per violazione dell’obbligo di motivazione, in specie per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4:
per la generale carenza di motivazione della sentenza impugnata ed ancora per la omessa pronuncia circa altri punti decisivi della controversia …". In sintesi, si duole: c) del fatto che i giudici di merito avrebbero affermato l’adeguatezza della motivazione dell’atto impugnato per relationem al p.v.c. redatto in relazione allo Studio Associato, che, invece, non sarebbe mai stato prodotto in giudizio; d) del fatto che il giudice di appello non avrebbe omesso ogni pronunzia sull’impugnazione avente ad oggetto le sanzioni.
Con il terzo motivo di ricorso, il contribuente, sotto il titolo "manifesta incoerenza logica della sentenza impugnata" riproduce, a complementare conforto dei precedenti motivi di ricorso, passi della motivazione della decisione della medesima commissione regionale che, in relazione all’altro professionista associato nello studio "K" avrebbe proceduto all’annullamento della parallele ripresa di reddito da lavoro autonomo.
Così definiti i termini della controversia, va, preliminarmente disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso proposta dall’Amministrazione controricorrente. Diversamente da quanto da detta Amministrazione prospettato, il ricorso del contribuente non si esaurisce, infatti, nella richiesta di un nuovo esame di merito, ma prospetta specifici profili di violazione di legge e di vizi motivazionali.
Tanto premesso ed atteso che il terzo motivo configurando, piuttosto che autonomo motivo di ricorso, supporto argomentativo a precedenti censure non necessita di distinta trattazione, deve, in primo luogo, rilevarsi l’infondatezza di ogni profilo del primo motivo di ricorso. Al riguardo, occorre osservare che, diversamente da quanto sostenuto dal contribuente, il giudice del gravame non ha trascurato la sua eccezione di difetto di motivazione del contestato avviso di accertamento, ma ne ha tenuto conto, disattendendola con argomentazioni che, essendo esaurienti, aderenti alle risultanze processuali e immuni da lacune o vizi logici, si sottraggono al sindacato di legittimità.
Ha, infatti, affermato che l’atto risulta idoneamente motivato anche per relationem al p.v.c. redatto nei confronti dello "Studio Associato K", atto che – alla luce degli stessi contenuti del ricorso, risulta, del resto, incontrovertitamente conosciuto dal contribuente, che non ne ha negato l’allegazione all’accertamento (almeno nelle parti di sua pertinenza e non relative all’altro professionista associato: cfr. il richiamato punto B/2/a dell’appello del contribuente), ma ha solo lamentato che esso era destinato ad altro soggetto (lo Studio Associato).
Sempre con riguardo al primo motivo di ricorso, ma con riferimento al suo ulteriore profilo, deve, poi, rilevarsi che i giudici di appello hanno ritenuto il contrastato accertamento adeguatamente comprovato in funzione delle movimentazioni risultanti dai conti-correnti bancari riferibili al K.; movimentazione incontestate, se non con riguardo alla cointestazione dei conti al coniuge del contribuente.
Ciò posto, va, peraltro, ritenuta l’irrilevanza dell’opposta contestazione. Invero, in tema di accertamento irpef ed iva, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, (come reso palese dal loro tenore letterale e come confermato dalla giurisprudenza di questa corte:
cfr. Cass. 28324/05, 26692/05, 18421/05, 18851/03, 6232/03, 8422/02, 3929/02, 10662/01, 9946/00) pongono ai fini degli accertamenti e delle rettifiche previsti dai successivi D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, presunzioni legali, ancorchè semplici, in forza delle quali i versamenti su conto corrente bancario, in assenza di prova contraria del contribuente che attesti la loro inerenza all’imponibile dichiarato ovvero ad operazioni non imponibili, si presumono rappresentativi di corrispettivi imponibili in forza di una vincolante valutazione legislativa.
E la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto la legittimità, nell’ambito considerato, di indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica ovvero a quelli degli amministratori della società contribuente, reputando il rapporto familiare sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari intestati o cointestati agli indicati soggetti (cfr. Cass. 6743/07, 13391/03, 8683/02, 1728/99).
Il primo profilo del secondo motivo di ricorso, con il quale il contribuente si duole del fatto che i giudici di merito avrebbero affermato l’adeguatezza della motivazione dell’atto impugnato per relationem al p.v.c. relativo all’Associazione, ancorché questo non fosse stato, tuttavia, acquisito agli atti del giudizio è, ancor prima che infondato, per quanto in precedenza rilevato in merito all’avvenuta allegazione del p.v.c. all’accertamento, inammissibile, posto che introduce una questione nuova, giacché non proposta in sede di appello.
L’ulteriore profilo del secondo motivo di ricorso attinente alla mancata pronunzia sul motivo di appello proposto a censura del mancato accoglimento della contestazione in merito alla specifica legittimità delle sanzioni irrogate è, invece, fondato.
Invero, la questione, pur oggetto di specifico motivo di appello, peraltro registrato nella narrativa della sentenza impugnata, non ha trovato, in questa, decisione alcuna.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso – rigettato sotto ogni altro profilo – va accolto limitatamente al profilo alla mancata pronunzia sul motivo di appello proposto a censura del mancato accoglimento della contestazione in merito alla specifica legittimità delle sanzioni irrogate.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al profilo accolto, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese relative al presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

P.Q.M.

La Corte:
Accoglie il ricorso nei limiti precisati in motivazione; cassa, in relazione, la sentenza impugnata e rinvia, anche per regolamentazione delle spese relative del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 giugno 2007.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2007

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