Nello scorso mese di luglio è stata emanata dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili una importante circolare interpretativa (n.4/IR del 14/07/2008) sul tema dell’accertamento di maggiori redditi fondato sugli studi di settore.
L’autorevole opinione del Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, pur non avendo, così come del resto le circolari dell’Agenzia delle Entrate, valore di legge, è comunque un importante e sicuro punto di riferimento per tutti i contribuenti tenuto conto che il suddetto Consiglio Nazionale è forse l’organo non istituzionale di maggior prestigio in tema di interpretazioni giuridico/economiche sui temi fiscali (vedi studi di settore).
Constatiamo altresì con soddisfazione che le tematiche relative e gli orientamenti espressi dal Consiglio Nazionale suddetto sono in linea con quanto pubblicato da questa rivista sul tema studi di settore, nei numeri di marzo e maggio 2008 (rispettivamente a pag. 10 e pag. 3/14).
Vediamo ora quali sono i punti più importanti della citata circolare soprattutto da utilizzarsi in chiave difensiva per il contribuente di fronte ad un possibile accertamento da Studi di Settore.
I punti salienti della circolare, a parere di chi scrive, sono due:
L’IMPORTANZA DEL CONTRADDITTORIO.
LA MOTIVAZIONE DELL’ATTO DI ACCERTAMENTO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE.
L’IMPORTANZA DEL CONTRADDITTORIO
Il contraddittorio (dibattito, con pari diritti, tra contribuente e Agenzia delle Entrate) rappresenta per il contribuente il primo pilastro della sua difesa.
Il contraddittorio è anzitutto un diritto del contribuente al quale si contrappone quindi un obbligo dell’Agenzia delle Entrate a porre il contribuente in grado di intervenire (convocazione a termini di legge).
Eventuali atti emessi in assenza di invito al contraddittorio sarebbero nulli e quindi privi di effetti.
Inoltre, è di notevole rilevanza il fatto che le motivazioni portate dal contribuente a sua difesa debbano essere vagliate dall’Amministrazione ed inoltre incombe all’Amministrazione stessa (Agenzia delle Entrate) l’obbligo di una ACCURATA MOTIVAZIONE in merito alla eventuale irrilevanza degli argomenti forniti dal contribuente.
Nel procedere del contraddittorio, si metterà pertanto l’accento su alcuni eventi:
a) Assenza di elementi oggettivi che possano far ritenere non idoneo il procedimento tecnico metodologico seguito dallo strumento studio di settore per arrivare alla quantificazione di stima.
Il contribuente quindi, con il suo difensore, potrà e dovrà porre all’Ufficio (Agenzia delle Entrate) tutte le possibili eccezioni in ordine al percorso tecnico-metodologico seguito dallo studio per giungere alla stima dei compensi; tali notizie si trarranno da un’analisi dettagliata delle informazioni indicate nelle note tecniche dello specifico studio di settore. Per fare esempi pratici:
Perché e come il maggior costo di una sterilizzatrice influisce sul totale dei compensi?
Perché e come l’assunzione di una segretaria con funzioni amministrative e gestionali influisce sul totale dei compensi?
Tradotto in termini semplici, sarà importante che il contribuente, con l’aiuto del suo difensore, rilevi e contesti tutte le deficienze, incongruenze, inadeguatezze, manchevolezze etc. che il percorso tecnico-metodologico dello studio di settore manifesta per giungere alla stima dei compensi.
Su tale tema, quello della poca trasparenza e spesso inadeguatezza del percorso tecnico-metodologico seguito dallo studio di settore per giungere alla stima, si è di recente pronunciata la Commissione di studio REY, istituita dall’ultimo governo Prodi, la quale è stata molto severa nell’evidenziare tutta una serie di carenze e inadeguatezze sul tema da parte dell’Amministrazione Finanziaria che ha, in buona sostanza, bocciato.
b) Correttezza dell’imputazione dell’attività svolta al cluster (raggruppamento) di riferimento.
Infatti l’attribuzione ai vari gruppi omogenei di riferimento avviene secondo modalità statistiche/probabilistiche. Pertanto potrebbe (e talvolta avviene) darsi il caso che il contribuente venga incluso in un cluster che non lo rappresenta correttamente oppure incluso in più cluster secondo percentuali improprie che non sono quindi rispondenti alla realtà economica effettiva.
c) Individuazione di eventuali cause particolari nello svolgimento dell’attività, quali il caso in cui l’operatore contribuente gestisca la sua attività non (o non solo) secondo stretta logica di mercato, ponendosi così al di fuori del principio di normalità economica che regola l’intero impianto metodologico dello studio di settore.
Per essere concreti si può manifestare, ad esempio, il caso di un’odontoiatra, già avanti con gli anni, che voglia continuare la sua attività non soltanto per ragioni economiche di profitto ma anche (o soprattutto) per una “scelta di vita” volendo continuare a sentirsi utile e gratificato da un ruolo professionale anche se poco o pochissimo remunerativo.
Ovvero, altro esempio, il caso di un odontoiatra con spiccate personali ambizioni in ambito clinico (soddisfazione nel far bene, prestigio professionale, soddisfazione nel risolvere casi complessi) che non sempre hanno un risvolto economico adeguato (quanti “inventori” sono morti poveri?).
Vorrei a questo punto trascrivere testualmente un passo della citata circolare:
“Una volta espletato il contraddittorio, l’Ufficio DEVE necessariamente tenere in considerazione gli argomenti difensivi addotti dall’interessato, avendo cura di evidenziare nella motivazione LE RAGIONI che l’hanno indotto a non ritenere fondate le controdeduzioni proposte dal contribuente, pena LA NULLITA’ dell’atto per difetto di motivazione”.
Da ultimo una raccomandazione: partecipare SEMPRE all’invito al CONTRADDITTORIO. Infatti, anche se in teoria la non partecipazione al contraddittorio non preclude il diritto alla difesa in giudizio (cioè davanti alle Commissioni Tributarie), in pratica la difesa diventa più gravosa e meno agevole e si consente così all’Ufficio di partire da una posizione di forza anziché da una posizione di parità con il contribuente.
LA MOTIVAZIONE DELL’ATTO DI ACCERTAMENTO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE.
Una volta conclusosi il contraddittorio l’Ufficio potrà:
a) Trovare un accordo consenziente con il contribuente ed addivenire così alla definizione della controversia su una base concordata di maggiori compensi attribuibili;
b) Archiviare la pratica ritenendo valide le ragioni addotte dal contribuente in merito alla sua non congruità;
c) Non ritenere valide le ragioni del contribuente ed emettere quindi un ATTO DI ACCERTAMENTO fondato sugli studi di settore.
Vediamo ora gli aspetti giuridici importanti da tenere presenti per la difesa del contribuente nel caso sub c.
Nel caso l’Ufficio emetta l’atto di accertamento fondato sugli studi di settore, assume una rilevanza fondamentale la funzione della MOTIVAZIONE dell’atto.
Poiché, come abbiamo più volte avuto modo di parlarne sulle pagine di questa rivista, gli studi di settore possono essere considerati quali presunzioni semplici (questo vuole la legge), o presunzioni legali relative (questo vuole l’Amministrazione finanziaria), resta però il fatto inequivocabile che, comunque venga qualificata la presunzione data dallo studio di settore, permane, nell’atto di accertamento, l’OBBLIGO di MOTIVAZIONE ed altresì di un SUO CONTENUTO MINIMO ESSENZIALE.
Infatti, sostiene la circolare in discorso, l’utilizzo di uno strumento presuntivo non esenta l’Amministrazione dal fornire, nel corpo dell’atto di accertamento, le ragioni che sono alla base del disconoscimento dei valori proposti dal contribuente.
Quindi, per essere concreti, l’Ufficio NON POTRA’ limitarsi a motivare l’atto di accertamento con il puro e semplice scostamento dallo studio di settore.
Ciò è confermato dall’art. 62-sexies del D.L. n. 331/1993, laddove si dice che in sede di accertamento l’Ufficio deve dimostrare “L’ESISTENZA DI GRAVI INCONGRUENZE” tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto desumibile dagli studi di settore. Pertanto l’Ufficio dovrà, nell’atto di accertamento, esplicitare le ragioni che lo hanno indotto a ritenere, nel caso specifico in esame, l’incongruenza con lo studio di settore come GRAVE e ciò a pena di NULLITA’ dell’atto.
L’espressa previsione legislativa della necessità del CONTRADDITTORIO nell’accertamento da Studi di Settore sta a significare che lo strumento (studio di settore), proprio perché statistico e basato su medie, necessita, nell’applicazione al caso concreto, di una integrazione e di un adattamento.
Deriva da ciò che l’Ufficio, prima di emettere l’atto di accertamento, dovrà:
a. Vagliare le argomentazioni addotte dal contribuente a sua difesa e motivare PERCHE’ l’Ufficio stesso non le ha considerate valide;
b. Evidenziare, nel corpo dell’atto di accertamento, le ragioni che lo hanno indotto a considerare come “GRAVI INCONGRUENZE” le differenze rilevate tra i compensi dichiarati dal contribuente e quelli desumibili dagli studi di settore.
Non basterà quindi all’Ufficio citare il semplice scostamento dallo studio di settore.
PER CONCLUDERE
La circolare in discorso ribadisce che (citandone letteralmente il testo):
“In conclusione, permane in capo all’Ufficio un preciso obbligo di MOTIVAZIONE dell’atto di accertamento, […] che potrà ritenersi soddisfatto soltanto con l’esposizione, nel corpo del provvedimento (atto di accertamento), delle ragioni e dei criteri in base ai quali l’incongruenza tra quanto dichiarato e quanto rettificato è stata ritenuta grave”.
Aggiunge inoltre che è necessario che l’Ufficio espliciti nell’atto di accertamento perché la ricostruzione operata sulla base dello studio di settore sia “FONDATAMENTE” rispondente alla realtà economica del contribuente esaminato e alla realtà economica in cui esso opera, esplicitando altresì tutti gli altri elementi acquisiti in fase di contraddittorio al fine ultimo di qualificare le risultanze degli studi di settore quali elementi di prova “GRAVI, PRECISI E CONCORDANTI”.
DA ULTIMO: SCOPO DEI PRESENTI ARTICOLI.
Come già più volte espresso, nessuna pretesa di esaustività o scientificità, ma il tentativo di FARE CAPIRE ad un pubblico (gli odontoiatri) di non addetti ai lavori su tematiche giuridiche.
Purtroppo sento spesso, e con vivo rammarico, odontoiatri consigliati dai propri consulenti fiscali ad adeguarsi agli studi di settore, pagando cifre più o meno rilevanti, senza che sia stata loro data, dai consulenti stessi, consapevolezza del problema, senza che siano stati correttamente informati dell’aspetto giuridico del problema (che è fondamentale), dei pro e dei contro sia nell’adeguarsi che nel non adeguarsi, dei rischi che si corrono o che si evitano tenendo un comportamento anziché un altro.
Raccomanderei quindi ai lettori di rivolgersi a consulenti esperti e professionalmente preparati, ovviamente anche e soprattutto sotto l’aspetto giuridico, e a prendere le loro decisioni (adeguarsi o non adeguarsi agli studi) essendo pienamente consapevoli (anche sotto il profilo legale) su ciò che si decide. Inviterei quindi ad essere molto cauti quando si sente il consulente dire la “frase classica”: “Caro dottore, lei non è congruo, si deve adeguare”, se questa affermazione non è preceduta da tutta una complessa informativa che un consulente serio ha il dovere professionale di fornire al proprio assistito al fine di farlo decidere consapevolmente su come agire, visto che chi paga le tasse è lui.
Dott. Marcello Terzuolo
Commercialista in Torino