lunedì 24 settembre 2007
Tribunale Penale di Nola, sentenza del 07.07.07
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MORTE DI PAZIENTE PER CADUTA DA BARELLA PRIVA DI SISTEMI DI PROTEZIONE, GIUNTO IN PRONTO SOCCORSO IN STATO DI AGITAZIONE PSICOMOTORIA CONNESSA ALL’ABUSO DI ALCOOL:
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INSUSSISTENZA DELLA RESPONSABILITA’ DEL PERSONALE PARAMEDICO ADDETTO ALLA VIGILANZA ESSENDO LA CADUTA UN EVENTO ECCEZIONALE, ANOMALO ED IMPREVEDIBILE.
OMISSIONE DA ATTRIBUIRE AL SOLO MEDICO DI TURNO
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[Tribunale Penale di Nola, Giudice Monocratico Dr.ssa Diana Bottillo, sentenza del 07.05.07, depositata il 07.07.07]
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(massima a cura dell’ Avv. Angelo Pignatelli)
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OMICIDIO COLPOSO
Responsabilità del sanitario per colpa professionale – accertamento della responsabilità colposa fondato sulla verifica della prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo, con riferimento alla colpa professionale o specifica connessa a talune attività intrinsecamente ad alto rischio – sussistenza della responsabilità colposa nel caso in cui sia oltrepassato il limite del rischio consentito e tollerato dal sistema, ovvero nelle ipotesi di inosservanza delle regole di condotta cristallizzate nelle specifiche leges artis e codificate sulla base della miglior esperienza nel settore, regole che già individuano e contengono in sè il giudizio di prevedibilità ed evitabilità dei rischi e pericoli espresso in base alla miglior arte ed esperienza scientifica del settore – responsabilità dell’agente per colpa dei soli danni prevedibili e prevenibili con l’osservanza delle regole tecniche, non invece di quelli prevedibili ma verificatisi nonostante la fedele osservanza della norma di cautela;
NESSO DI CAUSALITA’
Necessaria verifica sia del comportamento omissivo o commissivo quale causa della produzione dell’evento lesivo, sia che la regola di cautela non osservata fosse predeterminata proprio ad evitare quello specifico evento lesivo verificatosi in concreto;
RESPONSABILITA’ DEL PERSONALE SANITARIO
Sussistenza di differenziazione dei ruoli e delle funzioni attribuite a ciascuno dalla normativa vigente – attribuzione al primario o il suo facente funzioni, ovvero al personale medico di turno delle scelte operative terapeutiche e diagnostiche del caso concreto, competendo a tali soggetti le funzioni di indirizzo, direzione e verifica dell’attività diagnostica e terapeutica – competenza del personale paramedico in merito ai soli compiti di natura esecutiva e di ausilio al medico nelle prestazioni sanitarie: esonero per gli stessi da adottare scelte terapeutiche ovvero da formulare diagnosi o infine da assumere decisioni che implicano valutazioni di tipo medico.
Predisposizione presso il presidio ospedaliero delle barelle dotate di dispositivi di sicurezza: competenza ed obbligo demandati a chi, all’interno della struttura sanitaria (amministratore delegato, direttore sanitario etc.), riveste per legge la posizione di "garante" della sicurezza ed è tenuto non solo a predisporre ed attuare tutti i sistemi ed i mezzi idonei ad evitare il verificarsi di eventi dannosi ma altresì a dare direttive e vigilare sulla puntuale osservanza delle norme prudenziali di sicurezza – competenza non rientrante tra quelle attribuite al personale paramedico.
Condotta consistita nel non aver adottato sistemi di cautela specifici e mirati atti a prevenire la caduta dalla barella del paziente giunto in pronto soccorso in stato di agitazione per ubriachezza: omissione da attribuire al medico di turno il quale, a sua volta, avrebbe dovuto impartire direttive agli ausiliari ed assistenti – eventuale responsabilità degli infermieri professionali solo per la mancata esecuzione delle direttive impartite dal medico di vigilanza sul paziente e per la mancata segnalazione al sanitario di turno della presenza di uno stato sospetto e perdurante di agitazione psicomotoria per cui si rendeva necessaria l’adozione di cautele specifiche al fine di evitare la caduta dalla barella – configurabilità di una posizione di garanzia del personale medico e paramedico nei confronti dei pazienti rispetto ai quali hanno l’obbligo di tutelarne la salute in forza dei principi di solidarietà costituzionali ex artt.2 e 32 Cost. senza che sia possibile ricorrere al principio dell’affidamento o della delega a terzi.
Morte di paziente causata dalla caduta da barella: esclusione di responsabilità colposa dei sanitari addetti alla vigilanza dei pazienti ricoverati in Pronto Soccorso, essendo la caduta un evento anomalo, eccezionale e del tutto imprevedibile.
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TRIBUNALE DI NOLA
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Osserva il Giudicante che le risultanze processuali non sono idonee a sostenere la penale responsabilità degli imputati per l’ascritto.
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Sulla scorta del materiale probatorio acquisito il fatto storico può essere così brevemente ricostruito.
In data 12/01/2001, alle ore 15,50, il paziente di nazionalità polacca G.E. veniva ricoverato presso l’Ospedale di *** ove giungeva con lievi escoriazioni e contusioni sul corpo ed in stato di ubriachezza. Su disposizione del medico di turno dott. L.G., il paziente veniva alloggiato su di una barella nella sala del pronto soccorso e gli venivano somministrati dei farmaci sedativi.
Durante il ricovero ospedaliero, il paziente, in stato di ebbrezza e di agitazione psicomotoria, dimenandosi, cadeva dalla barella sulla quale era stato collocato, riportando una seria ferita lacero-contusa alla regione parietale posteriore sinistra.
Alle ore 18,30 il medico di turno prescriveva urgenti esami specialistici (TAC) a causa del trauma cranico escoriato.
Alle ore 19,55 il sanitario constatava il decesso del paziente (cfr.in atti il referto, la cartella clinica e la scheda di prestazione del Pronto Soccorso).
Quanto al profilo medico-legale, sulla scorta della documentazione sanitaria in atti (cartella clinica, referto del presidio ospedaliero di provenienza, referto dell’Ospedale S.M. di ***., scheda di prestazione del Pronto Soccorso) e dell’esame autoptico eseguito dal dott.C., è emerso che il decesso è da ricollegarsi al grave trauma cranico (in particolare, il paziente ebbe a riportare una grave ferita lacero-contusa in regione parietale posteriore sinistra, edema cerebrale e frattura della base cranica). Tale lesione è stata cagionata dalla caduta dalla barella e risulta del tutto compatibile con la caduta dall’alto e con le condizioni fisiche della vittima. Invero, il paziente, come si evince dalla cartella clinica, entrava in pronto soccorso in stato di ebbrezza e di agitazione psico-motoria, condizioni persistite anche dopo le prime cure praticate (somministrazione del Metadoxil in flebo). Infatti, alle ore 17,10 veniva somministrato un farmaco sedativo (Fargan) a dimostrazione del perdurare dello stato di agitazione nonostante le terapie già praticate. Alle ore 18,20 i sanitari constatavano che il paziente si era ribaltato dalla barella riportando una ferita lacero-contusa e trauma cranico (cfr. cartella clinica in atti). Gli esiti degli esami specialistici disposti in via d’urgenza confermavano la gravità della lesione cranio-encefalica che ha indotto l’arresto cardiaco e l’exitus alle ore 19,55.
A parere del medico-legale, la lesione cranica derivata dalla caduta dalla barella ha cagionato la morte del paziente accelerata, comunque, dalle sue condizioni non ottimali di salute, trattandosi di un soggetto con statosi epatica dovuta ad etilismo cronico e cardiopatia ipertrofica ventricolare. Anche l’orario del decesso riportato nella documentazione sanitaria appare pienamente compatibile con i rilievi autoptici.
Viceversa, nessuna incidenza sull’evento mortale hanno avuto le lesioni ecchimotico-escoriative di modesta entità riscontrate sulla vittima risalenti a qualche giorno prima del ricovero. Infine, l’assenza di alcool etilico in sede di esame autoptico non contrasta con la diagnosi effettuata all’atto dell’ingresso al Pronto Soccorso dello stato di ebbrezza atteso che è verosimile che nelle quattro ore trascorse dall’ingresso al decesso, l’alcool sia stato metabolizzato ed eliminato anche per le terapie praticate (cfr. deposizione del medico-legale dott. C. udienza del 16/02/2004).
Con riferimento al fatto storico ricostruito in dibattimento ed alle responsabilità dei sanitari, le testimonianze raccolte e la documentazione acquisita hanno evidenziato che nel turno pomeridiano del 12/01/2001 tre erano i medici in servizio dei quali due (G. ed E.) erano impegnati in altre incombenze nel reparto ovvero nel servizio esterno in autoambulanza, mentre il dott. L. è stato il medico addetto al Pronto Soccorso che prestò le prime cure al paziente somministrando farmaci sedativi e disponendo che lo stesso venisse alloggiato sulla barella sotto osservazione. Quanto al personale paramedico, risultavano in servizio, tra gli altri, gli infermieri professionali S., C. e D.. La S. era addetta all’ufficio accettazione mentre il C. ed il D. prestavano servizio presso il Pronto Soccorso. Il restante personale paramedico era viceversa impegnato in altre attività parallele o esterne (ragione per cui non risulta coinvolto nella presente vicenda processuale).
L’infermiera S. (esaminata ex art.210 c.p.p. all’udienza del 25/09/2006), ha dichiarato che, al momento del fatto, era impegnata presso l’ufficio di registrazione delle cartelle dei pazienti stante la carenza di personale. Viceversa, gli infermieri D. e C. del medesimo turno pomeridiano erano stati rispettivamente assegnati al trasporto autoambulanze ed alla sala gessi in assistenza al medico del reparto ortopedia.
Riferiva la S. che non prestò alcuna assistenza al paziente G. e che, nel primo pomeriggio, durante lo svolgimento dei propri compiti, improvvisamente udiva un forte rumore provenire dalla sala di osservazione del pronto soccorso, avvedendosi subito dopo che il paziente G. era caduto dalla barella che, nel caso di specie, non aveva le barre laterali di protezione. Il paziente fu sollevato con l’aiuto di altro personale accorso tra cui il C. mentre il D. era impegnato in servizio esterno e sottoposto ad esami specialistici di urgenza.
Circa l’organizzazione del personale e le strutture in dotazione al presidio ospedaliero, dalla deposizione dei testi D.A., direttore sanitario dell’Ospedale S.M. (udienza del 16/02/2004) ed A.A., primario della chirurgia d’urgenza (deposizione el 22/11/2004), è emerso che il pronto soccorso consta di due ambulatori e di due locali attigui per l’osservazione dove sono collocate le barelle. Le barelle in dotazione al presidio ospedaliero sono dotate di barre laterali a scomparsa e di un dispositivo di bloccaggio a terra. I pazienti in osservazione o in terapia senza ricovero venivano collocati sulle barelle all’interno di un locale non distante dal pronto soccorso senza una vigilanza continuativa da parte del personale medico e paramedico.
Precisavano i testi che il personale infermieristico fa capo ad un caposala ed è organizzato per turni fissi di servizio. In relazione alle determinazioni sanitarie che esulano dalla propria specifica competenza, ricevono disposizioni dai medici di turno e provvedono altresì alla assistenza dei medici nell’espletamento della loro attività sanitaria. Quanto alla necessità di adottare particolari cautele relativamente a pazienti con disturbi psichiatrici o in stato di agitazione psicomotoria (quali il legare il paziente alla barella), la decisione è assunta dal medico e l’infermiere esegue una disposizione del medico (cfr.depos.verb.stenot.pagg.66-67 teste D.; deposiz. teste A.A. pag.30 e segg. verbale del 22/11/2004).
Circa i fatti accaduti il 12/01/2001, il teste D. ha dichiarato che nell’occasione furono effettuate 170 prestazioni sanitarie di cui circa settanta in pronto soccorso. Ne turno pomeridiano ore 14,00/20,00 erano presenti sei infermieri di cui tre addetti al pronto soccorso (C., D. S.) e tre al servizio esterno trasporto infermi su autoambulanze (R., D., L.).
Nella giornata fu altresì effettuato un trasporto straordinario con autoambulanza alle ore 15,40 della paziente D. presso il campo sportivo di N. per essere trasferita all’ospedale di V..
Precisava infine il teste che gli infermieri sono interscambiabili nel senso che, in base alle esigenze quotidiane ed al numero e qualità di prestazioni sanitarie da effettuare, il personale infermieristico è addetto di volta in volta, su disposizione del medico ovvero del caposala, ad attività diverse da quelle originariamente assegnate ovvero ad attività di supporto ed assistenza al singolo medico in servizio (deposizione teste D. udienza del 24/05/2004).
Nel caso di specie il numero elevato di prestazioni effettuate al pronto soccorso in proporzione al numero esiguo del personale medico e paramedico in servizio impose la necessità di impiegare gli infermieri anche in ulteriori attività diverse da quelle originariamente preassegnate. Circa le condizioni del paziente G., allo stesso fu praticato un potente sedativo il che rendeva superflua l’adozione di misure precauzionali (deposiz.del teste A. pagg.37 e segg. verbale senotip.).
Dalla deposizione del teste C., medico ortopedico in servizio presso l’Ospedale di ***., è emerso che il giorno 12/01/2001 furono espletate circa venticinque prestazioni ortopediche provenienti dal Pronto Soccorso dal dott. C. coadiuvato dall’infermiere C.L. assegnato in quella data a tale attività ausiliaria di assistenza per tutto il periodo del turno, ovvero dalle ore 14,00 alle ore 20,00. Le prestazioni che risultano documentate nell’apposito registro sanitario (agli atti) furono effettuate presso il locale adiacente al Pronto Soccorso.
In sede di esame l’imputato C. ha dichiarato che il giorno 12/01/2001 era stato assegnato al reparto traumatologia del Pronto Soccorso dove coadiuvò il dott. C. per tutto l’orario del turno nella sua qualità di infermiere professionale. Al riguardo asseriva che gli infermieri turnisti addetti al Pronto Soccorso venivano designati di volta in volta dai medici ovvero dal proprio superiore a servizi esterni o ad attività di ausilio al singolo medico di turno in base alle necessità quotidiane.
Con riferimento ai fatti accaduti il giorno 12/01/2001, precisava che in quell’occasione furono effettuate molteplici prestazioni di pronto soccorso anche gravi che impegnarono tutto il personale in servizio. Negava quindi di aver prestato assistenza al paziente G. ovvero di aver assistito al suo ingresso presso il presidio sanitario. Nè tantomeno aveva provveduto a collocarlo sulla barella in quanto impegnato sin dalle ore 14,00, ovverossia sin dall’inizio del turno, nell’attività del reparto di ortopedia in ausilio al medico dott. C.. Mentre coadiuvava il medico nelle prestazioni ortopediche, udiva improvvisamente un tonfo proveniente dalla sala del pronto soccorso ove stazionano i pazienti in attesa ed in osservazione. Interveniva quindi insieme ad altro personale a soccorrere il paziente G. il quale era accidentalmente caduto dalla barella.
Dal canto suo il coimputato D. dichiarava che quel giorno era stato assegnato dal medico ad un servizio urgente di assistenza ad una paziente affetta da grave emorragia cerebrale che necessitava di un trasporto immediato con elicottero presso la struttura ospedaliera di kkk.. Pertanto, dalle ore 14,00 fino alle ore 15,40 effettuò una serrata assistenza alla paziente stante le gravi condizioni di salute. Subito dopo accompagnò la medesima paziente in autoambulanza presso il campo sportivo di ***. per il trasporto in elicottero. Precisava pertanto di non aver effettuato alcuna assistenza al paziente G. in quanto impegnato in altre attività relative a pazienti ben più gravi su disposizione del medico di turno. Al riguardo precisava che in quel giorno furono espletate numerose prestazioni di pronto soccorso che impegnarono senza sosta il personale in servizio.
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Alla luce di tali risultanze processuali, gli imputati vanno assolti dalla contestazione loro ascritta in concorso.
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In punto di diritto vanno svolte alcune brevi premesse in merito alla responsabilità colposa.
In base all’art.43 c.p., il reato è colposo "quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza, imprudenza, imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline". Elemento qualificante della colpa è dunque, oltre la non volontà dell’evento, la inosservanza delle regole cautelari di condotta volte a prevenire il verificarsi di eventi rischiosi o dannosi e determinate sulla base della miglior scienza ed esperienza del momento storico nello specifico settore (colpa generica nell’ipotesi di inosservanza delle comuni regole di condotta non scritte di diligenza, prudenza e perizia; colpa specifica nel caso di inosservanza delle regole scritte cristallizzate in leggi, regolamenti, ordini o discipline). Oltre alla violazione della norma cautelare di condotta è necessario altresì che all’agente possa muoversi il rimprovero della loro mancata osservanza sulla base del criterio della prevedibilità e prevenibilità o evitabilità dell’evento. In altri termini, nessun rimprovero o addebito può muoversi all’agente se l’evento lesivo non poteva comunque essere previsto o impedito neppure con l’osservanza della regola di cautela.
Il giudizio di prevedibilità ed evitabilità va effettuato ex ante alla stregua del parametro dell’agente- modello individuato in relazione a ciascun tipo di attività intrapresa, cioè dell’uomo giudizioso ejusdem professionis et condicionis, nonchè in concreto, ovverossia tenuto conto delle condizioni e circostanze soggettive ed oggettive in cui avviene l’azione.
L’accertamento giudiziale della responsabilità colposa richiede, dunque, la verifica della sussistenza del nesso di causalità tra la condotta e l’evento lesivo (art.40 c.p.) nel senso che quest’ultimo deve essere stato determinato dall’azione od omissione quale sua diretta conseguenza sulla base del criterio della prevedibilità ed evitabilità dell’evento. In altri termini, occorre accertare sulla base di una ricostruzione logica se, laddove l’azione posta in essere non fosse stata realizzata, l’evento lesivo non si sarebbe verificato ovvero, nella causalità omissiva, se l’azione doverosa omessa avrebbe impedito il verificarsi dell’evento lesivo (causalità normativa).
Va poi evidenziato che, nel caso di concorso di più cause ciascuna idonea e sufficiente in modo autonomo a produrre l’evento, per il principio riconosciuto dall’ordinamento della equivalenza delle cause concorrenti (art.41 c.p.), il nesso di causalità può essere escluso solo se interferisca nel processo causale un fattore autonomo, eccezionale, atipico ed imprevedibile e, come tale, assorbente rispetto alla incidenza delle altre cause e della condotta dell’agente da considerarsi tamquam non esset (cfr.Cass.pen.sez.V° 15/05/1991 nr.5249 Rossini)
Circa il criterio della prevedibilità deve rilevarsi che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, l’efficienza causale dell’azione od omissione nella produzione dell’evento lesivo deve essere accertata in termini di certezza o, comunque, con alto grado di credibilità razionale o probabilità logica. La probabilità prossima alla certezza deve potersi ritenere raggiunta laddove, sulla base delle leggi di "copertura" della condotta e dell’evento (leggi "universali" che consentono di affermare in modo scientificamente assoluto che una determinata condotta produce un determinato evento, ovvero leggi "statistiche" che consentono la medesima affermazione in una certa percentuale di casi verificata con metodi scientifici), sia possibile effettuare il giudizio controfattuale (se cioè l’evento non si sarebbe verificato attuando l’azione doverosa omessa ovvero non tenendo quella determinata condotta posta in essere) con una percentuale vicina a cento (cfr.Cass.pen.sez.IV°9/03/2001 nr.9780 Baltrocchi; Cass.pen.IV°6/04/2001 nr.14006).
Premesso il criterio generale dell’accertamento della responsabilità colposa fondato sulla verifica della prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo, con riferimento alla colpa professionale o specifica connessa a talune attività intrinsecamente ad alto rischio (attività sportiva, attività medica, circolazione stradale, attività lavorativa), la responsabilità colposa sussiste laddove sia oltrepassato il limite del rischio consentito e tollerato dal sistema, ciò che si verifica nelle ipotesi di inosservanza delle regole di condotta cristallizzate nelle specifiche leges artis e codificate sulla base della miglior esperienza nel settore, regole che già individuano e contengono in sè il giudizio di prevedibilità ed evitabilità dei rischi e pericoli espresso in base alla miglior arte ed esperienza scientifica del settore. Ne discende che, nell’ambito delle attività socialmente rischiose, il puntuale rispetto delle leges artis prefissate esime da responsabilità anche laddove si sia verificato l’evento dannoso, semprechè detto evento sia riconducibile al tipo di evento che la regola specifica mirava propriamente a prevenire. L’agente pertanto risponderà per colpa dei soli danni prevedibili e prevenibili con l’osservanza delle regole tecniche, non invece di quelli prevedibili ma verificatisi nonostante la fedele osservanza della norma di cautela.
Va da sè che, laddove la norma cautelare scritta non sia esaustiva e non esaurisca la misura di diligenza richiesta in quella situazione o in quella attività, sussiste comunque l’obbligo di rispettare sempre e comunque le regole prudenziali e di diligenza non codificate e dettate dalla comune esperienza.
Secondo il costante orientamento giurisprudenziale, in tema di colpa professionale, per l’accertamento del nesso di causalità, è dunque necessario riscontrare non solo che un determinato comportamento omissivo o commissivo abbia prodotto l’evento lesivo ma anche che la regola di cautela non osservata fosse predeterminata proprio ad evitare quello specifico evento lesivo verificatosi in concreto (cfr.Cass.pen.sez.IV°26705/2004 nr.24051 Fatuzzo).
Il principio della "probabilità logica" ovvero dell’alto grado di credibilità razionale relativamente all’accertamento giudiziale del nesso di causalità è stato sancito dalla Suprema Corte in tema di colpa professionale medica (Cass.pen.sez.Unite 11/09/2002 nr.30328 Franzese). In altri termini, il Giudice è tenuto a verificare la correttezza dell’operato del sanitario, soggetto che riveste per legge una posizione di "garanzia" e, come tale, obbligato al rispetto delle leges artis del settore, secondo un giudizio logico ex ante (ossia collocandosi mentalmente al momento in cui la condotta è stata posta in essere) e ad accertare la validità del coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica sulla base delle circostanze concrete del fatto e dell’evidenza disponibile così che, all’esito del ragionamento probatorio, si possa escludere l’interferenza di fattori alternativi pregnanti e possa affermarsi con alto grado di credibilità razionale (dunque, con una percentuale prossima a cento), che la condotta del sanitario sia stata la conditio sine qua non dell’evento lesivo.
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Esaminati i tratti qualificanti dell’accertamento giudiziale della responsabilità colposa, vanno valutate le complessive risultanze processuali.
Rileva il Giudicante che nel caso di specie, alla stregua dei parametri normativi della responsabilità colposa, gli elementi di prova acquisiti non sono idonei a sostenere la responsabilità penale degli imputati per l’ascritto.
Va premesso che la contestazione formulata dal Pubblico Ministero attiene alla mancata adozione delle cautele da parte degli infermieri professionali C. e D., in servizio presso l’Ospedale di *** all’atto del ricovero del paziente G. il quale presentava contusioni ed escoriazioni e versava in stato di ubriachezza.
In particolare, l’addebito che viene mosso è quello di aver omesso di collocare il predetto paziente su di una barella dotata di barre laterali ed assicurata a terra, circostanza che determinava la caduta fatale del paziente il quale versava in stato di agitazione psicomotoria.
Ciò premesso, quanto al profilo medico-legale va sgombrato in primo luogo ogni dubbio sulla causa del decesso.
Invero, sulla scorta della documentazione sanitaria agli atti (cartella clinica, referto del presidio ospedaliero di provenienza, referto dell’Ospedale …. scheda di prestazione del Pronto Soccorso) e dell’esame autoptico eseguito dal dott. C., è emerso che il decesso è da ricollegarsi al grave trauma cranico (ferita lacero-contusa in regione parietale posteriore sinistra, edema cerebrale e frattura della base cranica), lesione cagionata dalla caduta dalla barella che ha indotto l’arresto cardiaco (exitus alle ore 19,55) in un soggetto con statosi epatica dovuta ad etilismo cronico e cardiopatia ipertrofica ventricolare (cfr. deposizione del medico-legale dott. C. udienza del 16/02/2004).
Alla stregua delle risultanze medico-legali deve, dunque, ritenersi pacificamente acclarato che l’evento mortale è stato determinato dalla caduta del paziente dalla barella sul quale era stato collocato in osservazione presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di ***..
Ciò precisato, deve quindi valutarsi se siano ravvisabili profili di imprudenza, negligenza od imperizia ovvero inosservanza delle leges artis nella condotta del personale sanitario per non aver adottato opportune cautele nei confronti del paziente G. che versava in stato di agitazione psico-motoria.
Al riguardo si osserva che dalle risultanze processuali è emerso che il presidio ospedaliero di *** era, all’epoca dei fatti, dotato sia di barelle munite dei dispositivi di sicurezza (barre laterali e sistema di bloccaggio a terra) sia di comuni lettini sanitari. Nel caso di specie, non vi è dubbio che il paziente G. sia stato allocato in osservazione su di una barella comune presente presso il Pronto Soccorso priva delle barre laterali, circostanza che determinava la sua caduta trattandosi di paziente in stato di agitazione psicomotoria.
Orbene, deve precisarsi preliminarmente che la predisposizione presso il presidio ospedaliero delle barelle dotate di dispositivi di sicurezza non rientra certamente negli obblighi e nelle competenze del personale paramedico essendo demandata a chi, all’interno della struttura sanitaria (amministratore delegato, direttore sanitario etc.), riveste per legge la posizione di "garante" della sicurezza ed è tenuto non solo a predisporre ed attuare tutti i sistemi ed i mezzi idonei ad evitare il verificarsi di eventi dannosi ma altresì a dare direttive e vigilare sulla puntuale osservanza delle norme prudenziali di sicurezza.
Non può viceversa dubitarsi che gli operatori di una struttura sanitaria -medici e paramedici- siano tutti singolarmente portatori di una posizione di garanzia nei confronti dei pazienti rispetto ai quali hanno l’obbligo di tutelarne la salute in forza dei principi di solidarietà costituzionali ex artt.2 e 32 Cost. senza che sia possibile ricorrere al principio dell’affidamento o della delega a terzi.
Va da sè che, nell’ambito del personale sanitario, stante la differenziazione dei ruoli e delle funzioni attribuite a ciascuno dalla normativa vigente (si veda il D.P.R.20/12/1979 nr.761 sul personale delle A.S.L.), il primario o il suo facente funzioni ovvero il personale medico di turno assume le scelte operative terapeutiche e diagnostiche del caso concreto, competendo a tali soggetti le funzioni di indirizzo, direzione e verifica dell’attività diagnostica e terapeutica. Viceversa, il personale paramedico ha compiti di natura esecutiva e di ausilio al medico nelle prestazioni sanitarie mentre non è istituzionalmente preposto ad adottare scelte terapeutiche ovvero a formulare diagnosi o infine ad assumere decisioni che implicano valutazioni di tipo medico.
Nel caso di specie, dagli atti processuali è emersa in primo luogo la assoluta correttezza della diagnosi e delle scelte terapeutiche adottate dai sanitari del nosocomio relativamente al paziente G.. Invero, come si evince dalla cartella clinica, atteso lo stato di ebbrezza e di agitazione psico-motoria, al paziente venivano somministrati farmaci sedativi (Metadoxil in flebo ed alle ore 17,10 Fargan) e lo stesso veniva collocato sulla barella in osservazione nel locale del Pronto Soccorso a ciò preposto. Pertanto, sotto il profilo della correttezza dell’operato dei medici e paramedici, nessun rimprovero può essere mosso avendo i sanitari praticato le cure adeguate secondo la miglior scienza ed esperienza del settore che il caso concreto richiedeva (ovvero la somministrazione di potenti sedativi ad efficacia immediata).
Con riferimento alla condotta imprudente contestata, va evidenziato che le barelle disponibili nella sala di osservazione del Pronto Soccorso, come è emerso dall’istruttoria, erano quasi tutte prive di barre laterali di talchè gli infermieri o gli ausiliari si sono limitati a posizionare il paziente su una delle suddette barelle presenti nella sala.
Ne discende che il Pubblico Ministero avrebbe dovuto più correttamente contestare agli odierni imputati, attesa la indisponibilità di barelle dotate di barre laterali o di sistemi analoghi di protezione, la mancata adozione di cautele specifiche atte ad evitare il pericolo di cadute (come ad esempio legare il paziente al letto o adottare analoghe forme di cautela). Sotto tale profilo si evidenzia tuttavia che la adozione di tali cautele e la verifica della sussistenza di un serio e perdurante stato di agitazione psicomotoria del paziente rientravano tra le valutazioni e le scelte terapeutiche e diagnostiche rimesse al prudente apprezzamento del medico. In altri termini, premesso il corretto operato dei medici ed infermieri che somministrarono al paziente tempestivamente e reite