Il futuro: ricostruire toccando il meno possibile il dente per consentire la massima funzionalità. Il presente: migliorare una percentuale, oggi pari al 30%, di insuccessi che ancora resiste in endodonzia nelle strutture pubbliche e private. La qualità in Odontoiatria oggi è nel nel rispettare un concetto molto esteso di benessere del paziente: è il messaggio che unisce i simposi congiunti AIO-SIE ed AIO-SIDOC in programma a Chia il 12 giugno, venerdì, dalle 8.30 alle 12.30 nell’ambito del congresso dell’Associazione Italiana Odontoiatri che eroga fino a 36 crediti Ecm totalizzabili e/o 20 credits ADA-CERP. Per la Società Italiana di Odontoiatria Conservativa-SIDOC Francesco Mangani dell’Università di Roma Tor Vergata e Camillo D’Arcangelo dell’Università di Chieti relazioneranno sulle tecniche degli ultimi 30 anni l’acceleratore è puntato su materiali di alta qualità. «Il consolidamento dell’Odontoiatria adesiva e dell’Implantologia ha senza dubbio modificato totalmente l’approccio clinico alla terapia restaurativa», afferma Mangani. «In un moderno e attento piano di trattamento, la possibilità di offrire soluzioni altamente conservative in fase sia di restauro degli elementi compromessi sia di sostituzione di quelli persi, deve rappresentare il fine ultimo a cui mirare. Risulta oggi, per esempio, a dir poco obsoleto se non addirittura deontologicamente scorretto non sfruttare le tante possibilità offerte dalle moderne tecniche adesive nella conservazione di tessuti dentali sani per risolvere i quotidiani problemi legati alla carie o alla traumatologia.
 
Il rispetto della funzione – «Rivedere quelli che sono stati per anni i concetti guida dell’Odontoiatria Conservativa o della Restaurativa –continua Mangani – non significa certo rinnegare il passato bensì sfruttare al massimo le esperienze reinterpretandole in una chiave che tenga conto della straordinaria  e continua evoluzione a cui  materiali e tecniche sono costantemente sottoposti: odontoiatria minimamente invasiva, preparazioni di cavità rispettose della biomeccanica del complesso dente-restauro ma attente ad una rimozione mirata della patologia ed alla rigorosa conservazione della struttura sana; restauri parziali ogni qual volta possibile (anche dove per anni, e ci riferiamo al restauro post-endodontico, troppo spesso abbiamo utilizzato soluzioni a dir poco non rispettose della struttura residua come perno moncone fuso e corona completa) sono tecniche che consentono di comprare tempo per il nostro “pazi-dente” offrendogli una ulteriore chance restaurativa per il futuro».
 
La bio- mimetica – Ci sarà anche spazio per sottolineare quanto l’implantologia ha significato per i pazienti, a partire dalla “banale” sostituzione dell’elemento singolo, passando per la miriade di possibilità terapeutiche intermedie fino alla più complessa riabilitazione totale delle arcate edentule in quella sorta di “miracolo” di una terza dentatura fissa, per traguardare al futuro soffermandosi sull’uso delle cellule staminali. Ma per Mangani e D'Arcangelo è la bio-mimetica il filone di ricerca “cult”. «Sempre di più studiamo la disposizione interna dei tessuti, i rapporti che essi contraggono tra loro, l’impatto e di conseguenza il rapporto con la luce: non solo per ricreare una corretta estetica accoppiata ad una  morfologia funzionale, ma quasi in uno straordinario tentativo di bio-emulazione della natura. Questo obiettivo ci vedrà impegnati in futuro in una sfida per lo sviluppo di sempre più sofisticate tecnologie, di materiali fortemente performanti dal punto di vista fisico-chimico ed estetico, di rigorosi percorsi formativi per arrivare ad una Odontoiatria che veda nell’eccellenza non un banale slogan ma la più potente, e pratica, tra le strategie di marketing per noi possibili».
 
Numeri da migliorare – Stringente l’attualità che fa da spunto al Simposio AIO-SIE su “clinica quotidiana” e trattamento degli insuccessi. Ce la anticipa Pio Bertani dell’Università di Parma, relatore con Mario Lendini di Torino: «Le statistiche riportano percentuali di successo oggi elevatissime per l’Endodonzia, superiori al 90%, ma ovviamente si riferiscono a situazioni ideali, in cui i trattamenti vengono effettuati con tutti i più rigorosi crismi, le tecniche più corrette, i materiali più nuovi, un impeccabile isolamento del campo. La realtà clinica però è differente. In uno studio effettuato con l’Università di Modena avevamo trovato che il 30% dei denti trattati endodonticamente su pazienti afferenti al servizio ambulatoriale della Clinica presentava segni di patologia periradicolare: dati peraltro confortati da numeri analoghi presenti in letteratura riguardanti studi trasversali. La percentuale, molto significativa, richiede un’attenta riflessione per l’importanza quantitativa e le problematiche generate da questi numeri in qualsiasi studio dentistico».
 
Quesiti e tecniche – «Prima ancora che un problema tecnico – continua Bertani – si pone un problema decisionale: questo dente che ha già avuto un trattamento che non è stato coronato da successo, va trattato nuovamente? Siamo in grado di risolvere il problema che il nostro collega non era riuscito a risolvere? E’ indispensabile curare nuovamente questo elemento? Non trattarlo cosa comporterebbe nel piano di trattamento? Questi e altri quesiti ancora devono trovare una risposta certa prima di iniziare il nuovo lavoro. Ovviamente una volta che la necessità sia inequivocabile, vanno messe in atto le tecniche che devono portarci ad ottenere successo; certamente, anche con l’utilizzo di tutte le apparecchiature necessarie, in particolare i sistemi ingrandenti che ci permettono di vedere i più piccoli dettagli di questa operatività diventata per forza di cose complicata, e anche con tutti i dispositivi e le attrezzature che oggi il mercato ci mette a disposizione per risolvere un problema quasi quotidiano».
 
Le news – Mario Lendini (nella foto) si focalizza sulle nuove tecnologie che oggi rappresentano un importante aiuto in Endodonzia: «Basti pensare alla diagnostica, con l’introduzione degli esami cone beam ad alta definizione; alle rivoluzioni delle forme e delle leghe degli strumenti in NiTi che hanno reso le metodiche più semplici, efficaci e prevedibili; alle tecniche di otturazione canalare che sono ormai strettamente coordinate con le metodiche di strumentazione. L’unico punto che non ha avuto sostanziali cambiamenti è rappresentato dal fondamentale passaggio della detersione e disinfezione del volume endodontico. Ma la ricerca è fortemente orientata in questa direzione e quindi conosciamo meglio i limiti e le possibilità di materiali e tecniche a nostra disposizione, che affronteremo esaurientemente a Chia, offrendo indicazioni certe. Penso che in un futuro non distante tutta questa mole di lavoro darà i suoi frutti per migliorare ulteriormente le tecniche e i materiali, semplificando ed accelerando con sicurezza il lavoro del professionista». 
Questo e molto altro andando su: http://congress2015.aio.it

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