In Italia non si sente la mancanza di dentisti, anzi fino a prova contraria sono troppi al punto che molti di loro lavorano troppo poco. Allora perché accettiamo odontoiatri laureati in paesi extra UE ingaggiati in strutture italiane pubbliche e private alimentando la sottoccupazione? Lo chiede il dottor Andrea Senna (qui la lettera). Il presidente nazionale CAO domanda a Ministro della Salute on Orazio Schillaci e Sottosegretario On Marcello Gemmato di sospendere l’iter rapido in base al quale dal 2020 vengono riconosciute le qualifiche degli odontoiatri abilitati fuori dalla Comunità europea, consentendo l’esercizio della professione, anche nel Servizio sanitario nazionale.
Il nuovo iter allenta i controlli
Dal 2020 causa emergenza Covid è cambiato il criterio con cui si consente di lavorare in Italia a medici, infermieri ed altri operatori sanitari in paesi extra UE pur senza essere iscritti all’Albo. Prima vigeva il DPR 394: laureati e specialisti stranieri erano contingentati e, per esercitare in Italia, si doveva dimostrare l’equipollenza dei titoli inoltrando istanza al Ministero della Salute. Quindi si attendeva che con decreto il Ministero desse l’ok o meno, o stabilisse l’obbligo di superare una prova o colmare eventuali gap formativi frequentando un tirocinio. Per tutto il tempo di attesa il Ministero rilasciava un visto. Con il coronavirus, i Direttori generali degli ospedali non avevano tempo per attendere queste pratiche.
Il decreto emergenza 17 del marzo 2020 ora ha stabilito che per al professionista abilitato extra UE basta rivolgersi alla Regione di residenza per vedersi riconosciuto il titolo. Di deroga in deroga, per 26 professioni sanitarie si è arrivati fino al 2025. Anzi, fino al 31 dicembre 2027. È a quella data che il DL 145/2024 fissa l’ultima proroga. Alcune regioni ora considerano verosimile anche per i dentisti di strutture pubbliche e private assumere personale sanitario con titoli da verificare.
L’eccezione odontoiatrica
Ma sussiste davvero tale possibilità? Per il presidente CAO nazionale no. Senna osserva che nella nuova proroga si citano solo medici ed infermieri. È quello il personale sanitario rimasto realmente carente sia nella fase di emergenza Covid sia in quella successiva in cui, per motivi di età e di burn-out, in ospedale sono rimaste carenze. I dentisti in Italia, che esercitano per lo più in studi e strutture private, sono 64.500, il numero è tale da garantire offerta a tutta la domanda di salute dei cittadini. C’è già sottoccupazione, perché lasciare dal 2026 il riconoscimento semplificato dei titoli a chi viene da fuori Unione Europea?
AIO: una norma sbagliata
Danilo Savini, Segretario Nazionale AIO, concorda con le idee espresse nella missiva di Senna, E spiega perché al legislatore sul tema dei riconoscimenti di professionisti sanitari extra UE conviene al più presto aggiustare il tiro. «Se volessimo interpretare alla lettera la legge 145 come “suona” in questo momento, andremmo in senso contrario rispetto alle norme italiane ed europee sulla concorrenza. L’articolo infatti consente assunzioni di operatori extra UE non verificati in cliniche, e catene, ma non parla di studi odontoiatrici. A leggerlo bene, si capisce anche perché. Solo due categorie sono espressamente citate tra quelle che avrebbero diritto all’iter lampo per l’iscrizione all’ordine: medici ed infermieri. Per di più l’articolo parla di personale assunto di tre mesi in tre mesi con contratti rinnovabili “presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, o private accreditate”. L’iter transitorio di riconoscimento dunque non a tutte le professioni andrebbe applicato e nemmeno, indistintamente, a tutto il settore privato. In realtà, scontiamo una mancanza. Dal 2023, anno in cui -finito il picco Covid – il DL 34 ha prorogato i riconoscimenti transitori, sarebbe toccato alle regioni deliberare su questa materia e stabilire se escludere delle professioni e quali. Avrebbero subito rilevato che per gli odontoiatri, ovunque il fabbisogno è già soddisfatto. Di nuovo personale extra-UE assunto in fretta e furia per rimediare a presunti esodi per noi non c’è alcun bisogno».