Un lottatore, che conosce i tempi delle sfide e non ama il palcoscenico a tutti i costi. Paolo Lesca, biellese, 54 anni questo mese, è stato presidente dell’Associazione Italiana Odontoiatri dal 1996 al 1998 – la prima volta che la carica di presidente AIO è passata da biennale a triennale – e ne ha gestito il risanamento economico, ma anche le battaglie politiche in una fase difficile. Laureato in odontoiatria nel 1986, abilitato nello stesso anno ed iscritto all’Ordine dal 1987, apre il primo studio nel 1990 in proprio. E subito balza agli onori della cronaca per una lettera ad AIO Torino dove descrive la realtà professionale di allora –cioè quella di adesso: medici prestanome, abusivismo, concorrenza sleale, difficoltà d’inserimento per un giovane dentista. 

«Mi trovai contro i medici ed Amdi locale (che allora si chiamava Associazione medici dentisti italiani e più d’una volta difese le posizioni dei medici), subii minacce fisiche; un medico ospedaliero che aveva a suo nome più studi dentistici si riconobbe e alzò il telefono minacciandomi; due esponenti AIO mediarono con l’Amdi provinciale e la questione fu accantonata. A quel punto mi sentii in dovere di dare il mio contributo all’Associazione». E qui Lesca fa una carriera-lampo.

«Assunsi una funzione organizzativa dapprima in AIO Torino, dove creammo un database degli iscritti e informatizzammo i servizi; poi fui eletto tra i rappresentanti di Torino alle assemblee AIO romane. Era il 1991, ed era in corso uno scontro interno; quando si ricompose tra il ’92 e il ’93 mi trovai nel direttivo come vicesegretario nazionale organizzativo (il segretario era Lobianco di Bologna). Organizzavo trasferte, prenotavo alberghi e voli aerei».

Nel 1994 si ritrova tesoriere: la terza carica dopo presidente e segretario; nel ’95 l’assemblea di fine mandato lo designa presidente. «Ero un tecnico e in quel momento di un tecnico c’era bisogno, o meglio di uno che mettesse mano a risanare le casse dell’Associazione. La mia presidenza fu una sorta di stagione di commissariamento; a fronte di un impegno economico preciso a tornare in pari, AIO si trovò il primo anno a dover mantenere impegni complessi come il risanamento del bilancio, la riorganizzazione delle sedi, la revisione dello statuto per tenere testa a una crescita che ci vide passare in pochi anni a 3000 iscritti».

Nell’agenda del presidente Lesca c’è subito la vicenda dei doppi iscritti che avevano frequentato medicina ma volevano esercitare odontoiatria. «La legge 471/88 che consentiva la doppia iscrizione in barba alle norme dell’Unione Europea – che indicava la laurea in odontoiatria come unica via di esercizio esclusivo della professione odontoiatrica – era stata picconata ma non annullata in Corte Costituzionale; ancora tutti i medici potevano fare i dentisti ma tale situazione impediva il decollo della laurea in odontoiatria e del corso di studi, e in AIO ritenevamo che l’esercizio esclusivo della professione fosse importante per crescere mentre Amdi frenava. C’era poi il problema della previdenza: non ci era riconosciuta mentre noi premevamo per entrare in Enpam. Contro la sentenza della Corte Costituzionale e contro la legge 471/88 facemmo ricorso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e posi io stesso la firma a tutela dell’applicazione della direttiva 686/78». Risultato? «Si creò uno scontro generazionale: i dentisti più anziani o specializzati in odontostomatologia, medici, sostenuti da Amdi contro  i giovani intransigenti di AIO che così intransigenti a ben vedere non erano perché in Nordeuropa il corso di studi esisteva da decenni e anche da noi un’evoluzione era inevitabile. Lo dicevamo e ci davano degli ambiziosi e degli arroganti, anche animati dal timore che altre branche rosicchiassero competenze alla medicina, ma questo non accadde, o che l’Ordine perdesse potere, ed in effetti AIO aveva presentato una proposta di legge per un Ordine degli Odontoiatri separato da quello dei Medici».

Alla fine della presidenza Lesca AIO supera i 4 mila iscritti, il gioco di squadra ha premiato. «Davamo fastidio. Il presidente Amdi Luigi Daleffe mi aveva al suo fianco nello stendere il primo contratto nazionale per le assistenti di studio ma con la stessa mano con la quale firmava insieme a me, firmò anche la richiesta di deferirmi all’Ordine per un’intervista che avevo rilasciato alla rivista Starbene sulle questioni odontoiatriche e che mi provocò un lungo contenzioso alla fine del quale fui sanzionato con l’avvertimento. Poi i rapporti con i miei “giudici” della Cao biellese migliorarono, ne avrei fatto parte fino al 2000, ma sul momento io ero quello sotto processo». Furono anni vissuti più in viaggio che pensando alla famiglia, il tempo che restava era per il lavoro a Biella. Così Lesca decise la fine della parentesi sindacale. «Vidi il bivio quando dovetti fare tre volte il viaggio a Roma per una formalità burocratica sul contratto delle Aso. La terza volta spiegai al segretario Amdi che i pazienti non mi avrebbero perdonato, che ogni omissione la pagavo, e quello mi chiese: Tu per caso continui a fare il dentista?»

Certo che sì! «AIO mi aveva dato la possibilità di crescere nei rapporti interpersonali, e di mettermi in contatto con importanti personaggi dell’odontoiatria italiana, ma la mia trincea era a Biella davanti ai miei pazienti, al mio riunito, e non ho accettato altre cariche dopo la fine mandato».

Rientrato nella normalità, Lesca ha aumentato il suo impegno di specialista ambulatoriale  per 16 ore settimanali – 1.700-1.900 euro netti al mese- cui aggrega l’attività libero professionale per restanti altre 16/18 ore. «Al mattino lavoro in ambulatorio od in ospedale (pazienti disabili ed oncologici) e al pomeriggio in studio. Tranne il martedì che dedico alla mia passione, il motociclismo e ad una passione nella passione: il sito del sindacato dei motociclisti, il Cim (Coordinamento Italiano Motociclisti), per il quale mi occupo della comunicazione istituzionale. Una terza passione? Gli indiani d’America. In moto ho fatto gli Stati Uniti coast to coast e attraversando l’America ci si imbatte nei nativi, un pugno di uomini poveri che per resistere all’invasione degli europei hanno ridisegnato il loro mondo, hanno fatto fronte eroicamente. Pochi uomini ma decisi, che hanno pagato un prezzo alto per conservare i loro principi. Io spesso ci ho visti così noi laureati in odontoiatria, uomini sulle barricate in anni belli, a volte, come dentisti, divisi in tribù ostili tra loro, anche se penso che presto o tardi verrà il momento dell’unità della categoria di fronte ai problemi della professione».

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