«Il dentista non pratica interventi invasivi, dunque non sussiste l’obbligo per lui di adempiere ai requisiti autorizzativi richiesti ai professionisti medici e odontoiatri che svolgano attività pericolose ai sensi del decreto legislativo 229/99 (la “riforma Bindi”). Noi lo abbiamo sempre sostenuto ma adesso il principio è affermato anche dal Consiglio di Stato (Sez. Terza, sentenza 23/2017) che fa definitiva chiarezza sul tema della preventiva autorizzazione per l’apertura degli studi odontoiatrici, oggetto di un’intesa Stato-Regioni contro la quale ci battiamo da tempo e come Associazione stiamo per intraprendere un’importante battaglia». Fausto Fiorile presidente Associazione Italiana Odontoiatri-AIO fa riferimento alla sentenza dei massimi giudici amministrativi secondo cui l’autorizzazione ai sensi della legge 229 vale solo per prestazioni “di chirurgia ambulatoriale o procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente”.

Commenta l’Avvocato Cassazionista Maria Maddalena Giungato esperto di legislazione sanitaria : «Si conferma la tesi da sempre sostenuta da AIO, secondo cui lo studio odontoiatrico non è di norma soggetto ad una preventiva autorizzazione regionale, poiché l’obbligo di autorizzazione è collegato alla necessità di uno specifico controllo, rapportato a quello che il Consiglio di Stato definisce come “significato presuntivo del rischio sanitario”. Tale iter non riguarda le prestazioni ordinariamente rese dall’odontoiatra nel proprio studio, non connotate da una specifica invasività e da un particolare rischio per la salute del paziente. E non riguarda l’Implantologia che – precisano i Giudici di Palazzo Spada – non è catalogata come attività invasiva». 

«Ciò che rileva ai fini della necessità o meno dell’autorizzazione – continua Giungato – è la natura dell’attività esercitata e non già la minore o maggiore complessità sotto il profilo organizzativo. Nel 2016 AIO sottolineò questi aspetti in un parere pro veritate e in osservazioni sull’intesa stato regioni. Ora la recente sentenza dà pienamente ragione alla posizione del sindacato».

«L’intesa Stato-Regioni del 2016, pur nella condivisibile finalità di unificare una materia dove le Regioni avevano fin qui legiferato ognuna per suo conto, impone aggravi burocratici tali da danneggiare l’attività degli odontoiatri sia nei singoli articoli – si pensi all’imposizione di lavori strutturali come l’abbattimento delle barriere architettoniche in tutti gli studi e alle condizioni di ricambio d’aria richieste, tipiche di ambienti ospedalieri – sia nell’intento», ricorda Pierluigi Delogu presidente AIO all’epoca dell’intesa contestata. «Per evitare che a livello locale si legiferi con conseguenze dannose per gli Odontoiatri e il loro servizio al paziente, scriveremo agli uffici competenti regionali chiedendo loro di adottare misure attuative che rispettino le precise indicazioni emerse dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e che non possono condurre ad un acritico recepimento dell’intesa». 

Alternative? «Nel parere pro veritate ventilammo come al posto dell’autorizzazione potesse essere sufficiente una dichiarazione preventiva del dentista alle autorità competenti sottoposta a successivi controlli», rievoca il presidente Fiorile. «Ma il tema è delicato e una posizione va condivisa da tutta la professione. Alla vigilia del rinnovo delle cariche in Commissione Albo Nazionale abbiamo chiesto una collaborazione tra associazioni e ordine e la massima coesione d’intenti. Vogliamo aprire un nuovo tavolo regioni-professionisti che tratti i temi autorizzativi in modo più realistico e coerente con le prestazioni che la nostra professione propone ogni giorno».

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