Danilo Savini*
In concomitanza con la chiusura improvvisa a Mestre della Clinica Odontoiatrica Doctor Dent, che ha lasciato a piedi pazienti in attesa di cure e alle prese con lunghi e gravosi finanziamenti, e di un’altra catena più piccola ad Imperia, il Senatore Pietro Lorefice (M5S) ha presentato una mozione dove chiede ai ministri di Salute e Made in Italy se non ritengano di circoscrivere l’esercizio dell’odontoiatria unicamente alle Società tra Professionisti. La mozione chiede anche se non sia il caso di aumentare l’investimento sul Fondo sanitario nazionale per offrire un’odontoiatria accessibile a tutti e di aprire a finanziamenti agevolati ai giovani odontoiatri per l’acquisto di macchine necessarie all’esercizio della professione. Associazione Italiana Odontoiatri appoggia senza riserve l’iniziativa, come ha fatto nel 2021 sostenendo un emendamento dello stesso Lorefice alla legge di delegazione europea, poi tramontato. Dal 2011, anno in cui furono previste per la prima volta dalla legge 183, AIO sostiene le Società tra professionisti, composte da iscritti all’Ordine professionale, iscritte esse stesse all’Albo, e responsabili di fronte al paziente (ad esempio nei casi in cui una cura è incompleta o presenta problemi), anziché di fronte a pacchetti di capitali, spesso esteri, che ne detengono le quote. Le ha indicate come modello dopo il decreto attuativo del 2013, ha dedicato loro un congresso politico nel 2017, e nel 2020 ha sostenuto una proposta di Federconsumatori con contenuti analoghi alla mozione Lorefice. Poi fortunatamente sono arrivate altre associazioni e la Commissione Albo Nazionale.
A maggio 2021 l’allora presidente AIO Fausto Fiorile scrisse al premier Mario Draghi e ai ministri Roberto Speranza (Salute) e Giancarlo Giorgetti (Sviluppo, ora Economia). Ricordò come il primo documento di sostegno alle StP nella storia dell’odontoiatria nasce nel 2017, emanato a seguito del Congresso Politico AIO di fine 2016 e di un’indagine condotta da noi e Eurispes su pro e contro delle catene. Resta attuale, di quegli anni, un parere del Ministero dello Sviluppo secondo cui la StP è il solo contesto in cui è possibile esercitare l’attività odontoiatrica in forma societaria senza condizionamenti e in ossequio ai principi inderogabili per noi di sostenibilità, deontologia, qualità, trasparenza e sostegno all’occupazione. Già, perché non è vero che, come diceva Ancod, l’Associazione delle catene odontoiatriche scomparsa dai radar al momento, circoscrivendo l’esercizio della professione alle StP le altre società non StP rischino di estinguersi e mettere per strada 17 mila lavoratori di cui 7 mila dentisti. Come abbiamo spiegato più volte, sono pochi i dipendenti “a libri” nei grandi gruppi. In proporzione sono molti meno dei lavoratori degli studi dentistici con un solo professionista. Inoltre, Srl & co riescono ad avere un’imposizione più leggera e a risparmiare di più. Non è semplice nemmeno per noi spiegare perché chiudano così spesso e da un giorno all’altro.
Nella lettera a Draghi AIO delineava cinque argomenti per sostenere l’emendamento Lorefice nell’ambito della legge di applicazione delle norme europee. Primo, i pazienti cercano un dentista di fiducia costante nel tempo che li segue e sia abbastanza vicino a casa, e non dispersive strutture dislocate nei centri commerciali. Secondo, cercano interventi tariffati in modo comprensibile, trasparente, e dentisti capaci di farli risparmiare incoraggiando la prevenzione e di indicargli l’intervento solo quando necessario per la salute, mai quando è soltanto redditizio per se stessi. Terzo, chiedono un dentista responsabile personalmente della qualità della prestazione e capace di tenere il passo con le richieste della sua utenza. Quarto e quinto argomento attengono il rapporto tra Paese e dentista. Il titolare di studio è trasparente fiscalmente, in quanto soggetto a indicatori di attività, e versa quasi il 20% del reddito all’ente pensionistico: sia il Fisco sia l’Enpam investono in Italia, i proprietari delle catene hanno spesso sedi lontane da qui. Infine, l’occupazione; il rischio di chiusura in caso di attribuzione dell’attività odontoiatrica alle StP è nullo se i titolari cambiano forma societaria facendo in modo che a gestire le cure siano…i dentisti! Tra l’altro, dal momento che una legge approvata abroga la precedente ma non è retroattiva, già nel 2021 si era detto anche che l’esercizio dell’odontoiatria non sarebbe vietabile alle Società non Stp già attive, ma solo a quelle che sorgono dopo l’entrata in vigore della legge. Almeno quello.
Malgrado pregi e precauzioni, a settembre 2021 l’emendamento Lorefice fu bocciato per un soffio. A maggioranza, la Commissione Parlamentare Politiche comunitarie ritenne che se approvato avrebbe introdotto vincoli alla concorrenza e alla libertà di stabilimento, l’Italia -si disse- rischiava una procedura di infrazione da Bruxelles. In realtà abbiamo avuto modo di constatare, ad esempio sulle norme della pubblicità, che non è certo l’Europa a dare divieti sulla difesa della salute. Non può. Si limita a chiedere che le norme siano eque per tutti.
Nel frattempo continuano le chiusure. A Imperia i pazienti hanno appreso da un sms della chiusura della locale clinica del New Dental Group, mentre a Modica in Sicilia Assoutenti ha avviato un’attività di assistenza legale per i pazienti che lamentano di aver pagato per intero alle cliniche Visodent-Dental Marte cure poi non erogate. Il dentista tradizionale sembra restare l’unica alternativa resiliente per chi cerca cure odontoiatriche sostenibili.
*Segretario Sindacale Nazionale AIO