Seconda delle cinque puntate dedicate alle novità fiscali previste quest’anno per i professionisti, in primis odontoiatri e titolari di studio dentistico. Dopo il “refresh” sulla neutralità e i nuovi criteri di calcolo del reddito, con questo breve ma analitico articolo di Alessandro ed Umberto Terzuolo, commercialisti consulenti dell’Associazione, ci occupiamo dei casi di plusvalenze soggette a tassazione separata nonché di cessione del marchio e cessione di contratti di leasing. Nella foto, il sito del Ministero dell’Economia al link del nuovo articolo 17 del Testo Unico Imposta sui Redditi.

Alessandro ed Umberto Terzuolo*

Un aspetto che è stato recentemente modificato si trova all’interno del corpo dell’art. 17 comma 1 lettera g-ter del Testo unico delle imposte sui redditi: un articolo dedicato alla cosiddetta “tassazione separata”. 

Le plusvalenze da cessione delle partecipazioni in studi associati

Nella nuova versione è stato previsto che sono soggette a tassazione separata le plusvalenze derivanti non solo dalla cessione di clientela, ossia del pacchetto pazienti, ma anche da altri elementi immateriali, come ad esempio dalla cessione di un marchio o dalla vendita di partecipazioni in associazioni professionali o in società semplici che producono redditi da lavoro autonomo. Ante modifica questo aspetto non era stato normativamente codificato. Come in passato, questa disciplina agevolativa si applica se i compensi sono percepiti nello stesso periodo di imposta, anche con un pagamento rateale.

La tassazione separata è finalizzata ad evitare che tutto il compenso percepito nell’anno venga assoggettato a tassazione con l’aliquota marginale specifica dell’anno stesso. Il metodo di calcolo utilizzato per determinare l’imposta consiste nell’applicare alle somme in oggetto una aliquota o percentuale di imposta corrispondente alla metà del reddito complessivo del contribuente percepito nel biennio anteriore all’anno in cui è stato incassato il compenso da cessione di pacchetto pazienti, di attività immateriali o di partecipazione in associazioni professionali. 

La fiscalità della cessione del marchio

Al tema della tassazione separata in combinazione con il principio di onnicomprensività dei redditi percepiti dall’professionista (si veda puntata precedente), si collega la disciplina della vendita del marchio. Rifacendoci al testo normativo, per effetto del principio di onnicomprensività, rientrano tra i compensi del libero professionista o eventualmente dello studio associato, anche i corrispettivi e le somme percepite a fronte della vendita di altri elementi immateriali comunque riferiti all’attività libero professionale, in cui la dottrina fa rientrare anche il marchio. Pertanto, il corrispettivo derivante della cessione del marchio rientra nel reddito da lavoratore autonomo per il libero professionista o l’associazione professionale e può vedere applicata la previsione dell’articolo 17, appena analizzata, a condizione che, ovviamente, il corrispettivo sia pagato entro lo stesso periodo di imposta. Nel caso invece di pagamento rateale, la tassazione subirà le regole ordinarie.

Lato acquirente, rimanendo in tema marchi e acquisti di pacchetti pazienti (il classico avviamento dello studio), il costo sarà deducibile in 5 annualità.

La disciplina fiscale delle cessioni di contratti di leasing

Altro aspetto che è stato finalmente chiarito attiene alla cessione dei contratti di leasing, fenomeno che si verifica sempre più sovente anche in virtù della ormai completa diffusione dello strumento come modalità di acquisto di determinati beni strumentali.

Nello specifico, viene previsto che in caso di cessione del contratto di leasing che abbia ad oggetto beni mobili (come una poltrona odontoiatrica, una TAC o un’autoclave) o beni immobili, formerà reddito la differenza tra il valore normale del bene e la somma del prezzo di riscatto più i canoni ancora da pagare attualizzati però alla data di cessione. Nel caso di beni immobili si dovrà scorporare il valore collegato al terreno.

Una precisazione sul valore normale: questo è il prezzo mediamente praticato per beni di specie simili, in condizione di libera concorrenza, al medesimo stadio di commercializzazione e nel tempo e nel luogo in cui i beni sono acquisiti. Di fatto, per valore normale, si intende essenzialmente il valore di mercato di un determinato bene, ricavabile facendo riferimento per quanto possibile ai listini o alle tariffe dei beni usati.

*Dottori commercialisti consulenti fiscali AIO – Studio Terzuolo Brunero & Associati

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