Pubblichiamo di seguito il bell’articolo di Renato Torlaschi che sul mensile Italian Dental Journal riprende l’incontro organizzato a Bruxelles da AIO a fine novembre con gli europarlamentari Dario Tamburrano e Patrizia Toia "stampanti 3D, opportunità, sfide e applicazioni future’".

Stampa 3D rivoluzionerà i costi delle prestazioni?

Con le tecniche di produzione additiva è già possibile creare strumenti, dispositivi e prodotti monouso che potrebbero abbattere i costi dell’odontoiatria e quindi favorire l’accesso alle cure coinvolgendo più pazienti. Per questo l’Europa guarda con attenzione a questi sviluppi tecnologici.

La possibile rivoluzione tecnologica della stampa 3D andrà però mediata dal dentista e tecnologie e materiali andranno testati con rigore: se ne è parlato a Bruxelles nel meeting “The 3D printing revolution and the dental sector”

«I colleghi sanno cosa significa acquistare piccoli pezzi di plastica dai costi stratosferici che poi si riflettono sui costi delle cure». Le parole sono state pronunciate lo scorso 30 novembre a Bruxelles da Dario Tamburrano, europarlamentare e dentista, nel corso di un meeting dedicato alle sfide e opportunità che la rivoluzione della stampa 3D pone al settore odontoiatrico. Vi hanno partecipato esponenti della Commissione europea, il presidente del Council of european dentists (Ced) Marco Landi, una delegazione dell’Associazione italiana odontoiatri (Aio) guidata dal presidente Pierluigi Delogu, il presidente della Federazione dell’industria del dentale europea (Fide) Alessandro Gamberini e diversi rappresentanti delle aziende attive nel settore della stampa 3D. È da segnalare il patrocinio dell’Aio, perché è la prima volta che un’associazione dentale italiana è stata chiamata a patrocinare un evento con il Parlamento europeo e con parlamentari europei.

Una tecnologia in forte sviluppo

Nel mostrare le potenzialità offerte dalla stampa 3D, Dario Tamburrano ha fatto seguire la sua affermazione con un esempio concreto e ha mostrato un centratore endodontico che si trova sul mercato a 36 euro: «l’ho ridisegnato con un semplice tool Cad online e poi l’ho stampato, con un costo di 17 centesimi. Non è perfetto ma indica la direzione verso cui ci si dovrebbe muovere. Immaginate, per le strutture pubbliche, l’impatto che questi prodotti possono avere sui bilanci dei sistemi sanitari nazionali, oppure cosa possa significare nei Paesi in via di sviluppo disporre di un apparecchio versatile in grado di stampare una serie di tool odontoiatrici». Dato il basso costo, alcuni di questi manufatti potrebbero essere pensati come prodotti monouso, allo scopo di ridurre le contaminazioni crociate; inoltre, essendo in bioplastica, non comporta un consumo di materiali provenienti dal petrolio ed è compostabile.

«E poi c’è l’altro estremo – ha continuato Tamburrano – la frontiera del bioprinting, ossia la produzione di tessuti e organi. Tutto questo comporta delle sfide che non sono tecnologiche ma, per esempio, relative al copyright (potrebbero esserci problemi nella riproduzione di determinati tool) e di tipo etico… È compito del legislatore intercettare le trasformazioni e fornire quadri regolatori adeguati, necessari per sfruttare al meglio le tecnologie che si rendono disponibili. Spesso si parla di stampa 3D al futuro ma è già presente, abbiamo industrie di rilievo e un’evoluzione rapida, ciò che sembra impossibile ora potrebbe essere realizzabile tra un mese».

E in effetti, i manager presenti all’incontro hanno offerto un panorama di ciò che già esiste sul mercato e di quello che potrebbe riservarci il futuro, ma particolare rilievo hanno avuto soprattutto gli interventi dei rappresentanti delle associazioni professionali. Landi e Delogu hanno infatti espresso molto chiaramente le condizioni affinché le opportunità offerte dalle nuove tecnologie possano essere colte senza incorrere nei rischi che inevitabilmente si possono accompagnare a rapidi processi evolutivi non adeguatamente governati e controllati.

Guidare il 3D per tutelare i pazienti

«Io rappresento il Council of european dentist che a sua volta rappresenta 340mila dentisti in 30 paesi europei» ha esordito Marco Landi, spiegando come, nato nel 1961, il Ced sia diventato la voce di tutti i dentisti europei: «la nostra mission è di garantire l’accesso a cure odontoiatriche di alta qualità a tutti i cittadini e promuovere alti standard di salute orale, quindi non possiamo che guardare con grande favore all’innovazione tecnologica; ma devono essere rispettate tre condizioni e quindi diamo un messaggio che, prima ancora che tecnico, è politico».

La prima di queste condizioni è che le nuove tecnologie siano mediate dal dentista, l’unico qualificato e in grado di formulare una diagnosi e colui che deve portare le tecnologie al paziente. «La ricerca continua della diminuzione della spesa sanitaria nei Paesi dell’Ue sta portando a distorsioni della professione – ha dichiarato il presidente del Ced –. Non sto parlando di una difesa corporativa della professione medica e odontoiatrica, ma del diritto dei cittadini europei di avere cure di alta qualità fornite da professionisti competenti e formati in maniera adeguata». E Landi ha citato l’esempio recente delle problematiche sorte con l’uscita del Regno Unito dalla Comunità europea: in questo momento è preoccupazione del sistema sanitario britannico che la soluzione alla carenza di professionisti competenti possa essere la rapida immissione sul mercato di altri operatori con minori livelli di qualifica professionale, vale a dire che si consenta l’erogazione di cure mediche e odontoiatriche a chi non è medico e non è odontoiatra, con il conseguente pericolo per la salute dei cittadini europei. L’utilizzo di strumenti tecnologici potenti, resi accessibili a professionisti non qualificati, non farebbe che aumentare questo rischio.

Il secondo criterio indicato da Landi per un utilizzo corretto delle nuove tecnologie è evitare che si producano richieste di cure non necessarie, che si creino bisogni non strettamente legati a quelli di salute e che si diffondano terapie indotte da interessi commerciali: «nella nostra professione questo si traduce nel diffondersi di salary dentists, professionisti non indipendenti che potrebbero essere influenzati da criteri economici, commerciali a favore dei datori di lavoro e quindi usare, anche in questo caso, le nuove tecnologie in maniera distorta».

Infine, il terzo criterio è che non aumentino in modo sproporzionato i costi perché si introdurrebbero maggiori difficoltà e disuguaglianze nell’accesso alle cure, anche primarie, da parte dei cittadini. «Queste tre preoccupazioni sono state condivise in pieno in un incontro che ho avuto in maggio con il commissario alla Salute Vytenis Andriukaitis, sono tre linee politiche che anche la Commissione europea intende condividere e, se le nuove tecnologie porteranno a estendere e favorire l’accesso alle cure, con una riduzione anche dei costi, sono le benvenute».

Tecnologie e materiali vanno testati con rigore

Il presidente del Consiglio europeo dei dentisti ha colto l’occasione per rivolgere ai politici tre inviti. «Il primo è che i legislatori difendano il ruolo e le competenze dei medici e degli odontoiatri, a fronte di alcuni tentativi della Commissione di deregulation immotivata e pericolosa per la tutela della salute dei cittadini europei. Il secondo è che i cittadini siano difesi da comunicazioni sanitarie distorte in senso commerciale, che non si apra in modo indiscriminato a pubblicità commerciali, perché la salute è un diritto e non un semplice prodotto di libera vendita. Il terzo – ha concluso Landi – è favorire l’accesso alle cure primarie e preventive per tutti i cittadini dell’Unione europea, mantenendo, dal punto di vista legislativo, i più alti standard. Se mai andranno avanti trattati come Ttip e Tisa, che questo non si traduca nella riduzione della tutela della salute in Europa. Si devono invece favorire politiche nazionali di prevenzione che includano la salute orale, in quanto parte integrante e fondamentale della salute generale».

Anche l’intervento del presidente Aio Pierluigi Delogu è stato di natura più politica che tecnica, nella convinzione che la stampa 3D sia uno degli aspetti per il futuro della professione odontoiatrica che richiede un’attenzione specifica e sulla quale si deve intervenire secondo lo schema da lui definito Rlt: research, laws, training (ricerca, legislazione, formazione). «Con questo evento – ha dichiarato – può partire un percorso e si possono gettare le fondamenta per ragionare in un modo organico, maturo e proiettato al futuro. Non vogliamo ricadere negli errori del passato, quando l’innovazione tecnologica ha messo a disposizione materiali e metodi che però sono stati utilizzati prima ancora di essere testati a sufficienza e ne abbiamo visto gli effetti nelle bocche dei nostri pazienti. Per esempio, alla fine degli anni Settanta si usavano materiali che oggi sono considerati tossici. Anche l’implantologia ha avuto un’evoluzione sulle spalle dei pazienti, oggi abbiamo risultati eccellenti ma il percorso per arrivare fin qui non è stato dei migliori. Probabilmente non erano stati fatti i passaggi giusti nei tempi giusti. Penso invece che oggi tutti gli stakeholder possano e debbano impostare un percorso virtuoso per arrivare a utilizzare queste nuove tecnologie nel modo migliore possibile».

La ricerca, infatti, richiede una grossa collaborazione tra industria, università e professione: servono tutte e tre le componenti per ricercare la biocompatibilità e la sicurezza dei materiali, prevedendo sperimentazioni prima in vitro e poi in vivo, cosa non sempre successa in passato.

Renato Torlaschi

Giornalista Italian Dental Journal

 

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