«Purtroppo dobbiamo prendere atto ancora una volta della forte divergenza di visione tra la Professione Medica-Odontoiatrica e l’Antitrust nel valutare l’impatto della pubblicità sanitaria sulla salute dei cittadini. Mi spiace che come Medici e Odontoiatri non si sia ancora riusciti a far comprendere e permeare un principio, quello della tutela della salute del paziente, ben più importante ed eticamente inoppugnabile rispetto a qualsivoglia diritto di poter utilizzare la pubblicità per promuovere un’attività, ancorché alla luce di declamati concetti quali i diritti dei consumatori e la libera concorrenza». E’ il commento di Fausto Fiorile, Presidente di Associazione Italiana Odontoiatri (AIO) alla nota pubblicata dall’ l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in cui quest’ultima critica l’emendamento Boldi approvato in Finanziaria che, tra l’altro, ripristina l’attività di controllo delle Commissioni Albo ordinistiche sui messaggi pubblicitari degli iscritti. Per il Garante della Concorrenza, la Legge introdurrebbe restrizioni ai professionisti non giustificate dalla sicurezza dei pazienti, interessati a conoscere l’offerta di prestazioni. Altra critica: non sarebbero ben definiti nello specifico gli elementi promozionali da “proibire” nei messaggi. L’Antitrust poi contesta le competenze di vigilanza sui messaggi all’Authority Garante delle Comunicazioni; e afferma che i direttori sanitari delle strutture che si fanno pubblicità in un dato luogo dovrebbero essere liberi di spostarsi sul suolo nazionale (ed europeo) e non vincolati all’iscrizione all’Ordine della provincia in cui sorge la struttura. La tesi sottesa è ancora una volta che pubblicità sanitaria e pubblicità di beni e servizi sono in pratica omogenee tra loro. Fiorile ed AIO non la pensano così: «Innanzi tutto, il paziente non è un consumatore di prestazioni mediche. Le cure mediche non possono essere assimilate ad un prodotto da supermercato. Il paziente è una persona che evidenzia bisogni di salute o problemi gravi che, come medici abbiamo l’obbligo morale e deontologico di risolvere. La differenza è sostanziale! La nostra volontà non è proibire l’informazione sanitaria ai pazienti, ci mancherebbe; è però assolutamente importante che campagne di pubblicità ingannevoli come quelle che vediamo sui cartelloni delle nostre città, che promuovono terapie mirabolanti e illudono, siano bloccate. Oggi gli Ordini hanno uno strumento in più per agire e consentire, come già la legge Bersani prevede, un controllo più incisivo ed efficace su forme illecite di pubblicità». Per il Presidente AIO, «i temi legati alla salute vanno trattati in modo differenziato rispetto ai temi della concorrenza. Non possiamo, con il pretesto di difendere concorrenza e libero mercato, rischiare che over-treatment, terapie incongrue, e fenomeni di malasanità si diffondano ulteriormente. Affermiamo questo principio da tempo perché riteniamo sia la strada giusta per difendere i nostri pazienti».
“Le indicazioni dell’Antitrust – precisa Maria Maddalena Giungato, nella foto, avvocato cassazionista e consulente AIO – impongono una approfondita riflessione sul tema, in considerazione, a tacer d’altro, delle funzioni istituzionali dell’Authority e delle ricadute, anche in termini di contenzioso, che non è difficile prevedere. D’altro canto, le istanze di regolamentazione della pubblicità sanitaria da più tempo avanzate dagli Ordini professionali e dalle Associazioni di categoria meritano adeguata considerazione e non possono essere sbrigativamente liquidate come logiche corporativistiche, in quanto la trasparenza e la correttezza dell’informazione pubblicitaria sono un valore non negoziabile per una effettiva tutela della salute del cittadino. Sarebbe, quindi, sul punto auspicabile la costituzione di un apposito tavolo tecnico tra tutti i maggiori soggetti coinvolti per una regolamentazione del settore il più possibile condivisa».