IL PROBLEMA
La finanziaria 2007 (emanata nel dicembre 2006) ha stabilito che i compensi dovuti per attività mediche e paramediche (vedi odontoiatri) svolte nell’ambito delle STRUTTURE SANITARIE PRIVATE, devono essere incassati in modo unitario dalle strutture sanitarie per poi essere riversati ai professionisti cui i compensi spettano. Ciò naturalmente comporta maggior lavoro amministrativo e maggiori costi, talvolta anche considerevoli.
IL SIGNIFICATO DI STRUTTURA SANITARIA PRIVATA
Poiché la finanziaria 2007 non dava una definizione di “struttura sanitaria privata” e quindi non dava una propria diversa definizione era ovvio che tale definizione andava ricercata, secondo i criteri generali interpretativi delle norme giuridiche, nelle fonti normative indicate nelle leggi precedenti e già in vigore.
Le precedenti leggi (vedasi L. n. 833/78, DLgs n. 502/92, D.P.R. 14/01/97) definivano struttura sanitaria privata quelle dotate di requisiti minimi, sia strutturali che organizzativi; in buona sostanza erano considerate strutture sanitarie private quelle società titolari di autorizzazione sanitaria regionale e dotate di direttore sanitario. La questione interpretativa, a mio avviso, era chiara e semplice.
L’INTERPRETAZIONE DIVERSA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Purtroppo la Direzione Centrale dell’Agenzia delle Entrate, con la circolare del 15/03/2007 n. 13, ha interpretato e definito a modo suo e comunque contrario ai criteri generali interpretativi delle norme giuridiche, tale concetto di struttura sanitaria privata.
Cosa ha detto l’Agenzia delle Entrate?
Ha dato una interpretazione che ha “inventato” un concetto del tutto nuovo di struttura sanitaria privata sostenendo che “per strutture sanitarie private si intendono le società, gli istituti, le associazioni, i centri medici diagnostici e ogni altro ente o soggetto privato, in qualsiasi forma organizzati, che operano nel settore dei servizi sanitari e veterinari”.
Come si vede tale definizione è ben diversa da quella indicata in precedenza dal legislatore e vi include un numero di soggetti talvolta non ben identificabili.
Infatti al concetto di STRUTTURA SANITARIA PRIVATA, indicato dal legislatore, è stato sostituito quello di AZIENDA o SOGGETTO PRIVATO OPERANTE A QUALSIASI TITOLO NEL SETTORE DEI SERVIZI SANITARI, il che è ben diverso.
Nel momento in cui l’Agenzia delle Entrate include come soggetto agli obblighi in discorso anche un soggetto privato in qualsiasi forma organizzato vuol dire che non si rende conto di mettere il settore sanitario in una situazione di totale incertezza applicativa e talvolta addirittura nell’impossibilità pratica di applicare tale disposizione.
Evidentemente chi ha dato questa interpretazione non conosce, in pratica, cosa avviene nella realtà operativa del mondo sanitario in generale e odontoiatrico in particolare.
IL PADRONE DI CASA ACCENTRA GLI INCASSI. CASI DI IMPOSSIBILITA’ APPLICATIVA.
Facciamo il caso di un soggetto privato (padrone di casa) che acquisti un appartamento, lo ristrutturi per volerlo poi affittare a uno o più odontoiatri che vi presteranno la loro attività professionale.
L’appartamento sarà censito in categoria A/10 (studio professionale) e avrà gli impianti specifici per essere idoneo all’esercizio dell’odontoiatra (impianto idraulico speciale, aria forzata etc.).
Data questa situazione, trattandosi di un soggetto privato in qualche forma organizzato, costui, (il padrone di casa), sarebbe soggetto a incassare e monitorare gli incassi dei professionisti a cui affitta i locali.
E’ evidente che ciò non è possibile né sarebbe lecito e quindi l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate è in questo caso inapplicabile.
Così come in questo caso, moltissimi altri ve ne sono di impossibilità applicativa, soprattutto in riferimento a società di servizi (o di mezzi) che operano nel settore sanitario senza personale dipendente.
PERCHE’ RITENGO NON CONFORME ALLA LEGGE L’INTERPRETAZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Le fonti di diritto sono più d’una ma “in primis” le leggi dello Stato.
L’interpretazione diversa dell’Agenzia delle Entrate non può certo prevalere sulla legge.
Infatti, poiché l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate non è conforme ai criteri generali interpretativi delle norme giuridiche (vedi il secondo paragrafo del presente articolo) tale interpretazione è, a mio modesto parere, non conforme alla legge.
E’ il Parlamento (vale a dire l’organo rappresentativo della volontà popolare) e non il parere della Pubblica Amministrazione a stabilire i criteri in base ai quali possono essere imposti determinati comportamenti. Anche se, nella fattispecie, non siamo in presenza di obblighi lesivi della libertà personale resta comunque il fatto che l’imposizione di obblighi di fare influisce comunque sulla libertà di agire sul mercato e pertanto di autodeterminarsi e va, quindi, regolata per legge.
PER GLI ODONTOIATRI PEGGIORA LO STUDIO DI SETTORE
Gli odontoiatri che dovranno, secondo il parere dell’Agenzia delle Entrate, provvedere a quanto indicato nel presente articolo, vedranno inoltre peggiorare il proprio studio di settore.
Infatti avranno maggiori costi a fronte di compensi nulli il che porterà a una maggiore non congruità per chi già non era congruo o potrà rischiare di diventare non congruo chi prima invece era congruo. Il tutto a grande vantaggio dell’Agenzia delle Entrate in termini di gettito.
dr. Marcello Terzuolo
Commercialista in Torino