L’inchiesta della magistratura sui test d’ingresso truccati alla facoltà di
Medicina delle università di Bari, Ancona e Chieti "rappresenta un fenomeno
limitato, che non deve invalidare le prove di tutti gli altri studenti che
si sono preparati coscienziosamente". Pierluigi Frati, preside della prima
facoltà di Medicina e chirurgia dell’università di Roma La Sapienza e
presidente della Conferenza dei presidi di medicina, commenta la vicenda
giudiziaria innescata dai test di ingresso pagati anche 30 mila euro per
ottenere l’ammissione. E suggerisce: "Se sono 50 le prove da invalidare, si
rimettano a concorso quegli unici posti, senza coinvolgere il resto d’Italia
che ha eseguito le prove a rigor di legge". "Il fenomeno riguarda poche
persone tra le migliaia che ogni anno eseguono i test. Un po’ come chi copia
il compito in classe a scuola. Non possiamo per questo rimettere in
discussione le procedure. Sia perché – spiega – io credo profondamente che i
test a risposta multipla, anonimi, siano il migliore dei modi per
selezionare i più meritevoli. Di certo meglio che gli esami ad personam che
possono essere maggiormente truccati. Sia perché – prosegue Frati – non è
assolutamente possibile eliminare il numero chiuso in certe facoltà, che è
regolato da norme europee. O si cambia la legge, o la discussione è
puramente accademica". Dal canto suo, Frati porta ad esempio quanto si fa
nel proprio ateneo. "Da noi le procedure dei test sono rigorose e ben
organizzate. Le prove sono guardate a vista dalla vigilanza e dalle guardie
giurate per evitare brogli". E, conclude, "abbiamo anche organizzato corsi
gratuiti di preparazione per circa 800 studenti".

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