«Siamo in un momento storico che vede la diffusione di coperture integrative, e queste possono in alcuni casi facilitare l’accesso dei cittadini alle prestazioni odontoiatriche. Per questo abbiamo deciso di studiare mutue e fondi, verificando se si adoperino per strutturare proposte per una copertura ampia e basata su etica e qualità. Strada facendo, abbiamo anche scoperto che questi soggetti sentono poco le rappresentanze dei professionisti Odontoiatri nel modulare l’offerta di prestazioni e le tariffe. In pratica, appare chiaro che la mancanza di questa interlocuzione con il sindacato rappresenti un deficit per la completezza del servizio che si intende offrire ai pazienti». Pierluigi Delogu Presidente dell’Associazione Italiana Odontoiatri commenta a caldo i dati anticipati da Eurispes nella ricerca sull’Assistenza Integrativa in Odontoiatria. L’anno scorso AIO, al termine del congresso politico “il Terzo pagante” ha commissionato all'Istituto di Studi Politici Economici e Sociali fondato da Gian Maria Fara un’indagine sul mondo della spesa sanitaria mediata. I primi dati dell’indagine, che sarà ufficialmente presentata a fine estate, sono in fase di valutazione. 

Il peso sulla spesa privata – La ricerca offre un quadro dell’esistente e interpella singolarmente i principali operatori della sanità integrativa. Il dato di partenza: la spesa odontoiatrica nel 2015 vale 475 euro l’anno dei1384 euro spesi da ogni famiglia per integrare quanto il Servizio sanitario nazionale non dà, e risulta la voce più elevata (35%) tra gli esborsi dei nuclei familiari. Le cure infermieristiche, spesso indice di prestazioni domiciliari d’assistenza ad anziani non autosufficienti e malati cronici, che per legge dovrebbero essere l’altra scommessa dei fondi integrativi, ammontano solo a 247 euro e le protesi oculistiche a 178.

Erogatori pubblici e privati – Si conferma come il Ssn non abbia mai coperto l’Odontoiatria se non per prestazioni essenziali minoritarie. Eurispes cita il Manual of Dental Practice CED 2014 quando afferma che ogni 11 dentisti attivi nel nostro paese solo uno appartiene al servizio pubblico o è convenzionato: una percentuale in linea con il resto del Sud e Centro Europa che, unita a una cultura secondo cui il dentista privato è “caro”, non avvicina alla prevenzione e porta a dati migliorabili: ad esempio a 12 anni d’età il numero di denti mancanti, cariati od otturati si avvicina a 1,25, rapporto che ci tiene a poco più che metà classifica tra i paesi Ue. Scorrendo il paese da Nord a Sud ci accorgiamo peraltro che il rapporto tra spesa sostenuta nel pubblico e convenzionato e spesa privata in Meridione è da uno a sei, stabile, nel Nord tra 2013 e 2015 scende da un dentista “pubblico” ogni otto privati a uno a nove.

I "terzi paganti" – AIO ha chiesto a Eurispes di di verificare le reali chance di copertura delle prestazioni sul territorio, e ha posto due domande da cui trae spunto la seconda parte della ricerca: mentre sempre più italiani rinunciano alle cure per la spesa eccessiva, siamo passati da 9 milioni del 2012 a 11 milioni del 2015, c’è oggi garanzia che almeno a una quota di lavoratori i fondi contrattuali ed aziendali propongano tariffe controllate da criteri etici e consentano di mantenere la qualità dell’atto odontoiatrico? E ancora, un sindacato odontoiatrico deve occuparsi di tariffe assicurative e se sì in quale ambito? «Stiamo sviluppando i dati nelle interviste Eurispes – anticipa Delogu – ma già oggi emerge che i “terzi paganti” prediligono il convenzionamento diretto che consente di meglio controllare i costi, e si appoggiano su assicurazioni private per calcolare premi e indirizzarsi su prestazioni da coprire. Altri parametri per “prezzare” l’offerta sono le tariffe Ssn e quelle praticate dai “competitors”, nonché dati contingenti come il divario tra la tariffa regionale di una prestazione e quella del nomenclatore nazionale. Aperti o chiusi che siano –continua Delogu– le proposte sono gestite senza interpellare il Dentista che offre le prestazioni e si sobbarca i costi di materiali e personale. Non sono costruite dal basso, con parametri microeconomici, e ciò talora non consente di presentare al paziente la realtà com’è. E’ ancora presto per valutazioni, ma verrebbe spontaneo anticipare che il parere della professione sarebbe determinante sia per la qualità delle cure sia nella specificità delle stesse: un esempio, favorire gli aspetti di prevenzione rispetto alla “riparazione” è  un concetto "win to win” per pazienti, professionisti e fondi ».

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