§ – considerato che il medico è reperibile presso il proprio domicilio, è da
escludersi nella sua condotta l’adempimento di un dovere dato che egli nel
caso specifico, tra l’altro, si spostava verso il domicilio di reperibilità
e non verso l’Ospedale. La tesi che il medico in reperibilità possa superare
i limiti di velocità per rientrare al più presto presso il proprio
domicilio, così da esservi rintracciato nel caso di necessità di un
successivo intervento medico, è in contrasto evidente con principi
giurisprudenziali sullo stato di necessità e sull’adempimento di un dovere,
che presuppongono sempre situazioni contingenti ed eccezionali. Temeraria è
l’affermazione che il medico reperibile sia "legibus solutus" ed autorizzato
sempre e comunque a superare i limiti di velocità. [avv. Ennio Grassini –
www.dirittosanitario.net]

Cassazione Civile – Sezione II, Sent. n. 8649 del 06/04/2007.

Omissis

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.R. propone ricorso per cassazione contro il Comune di Vecchiano avverso la
sentenza del G.P. di Pisa n. 147/05, che ha respinto il ricorso confermando
la validità del verbale n. 4229/T/04 del 19.11.2004 per eccesso di velocità
contestato dalla P.M. di Vecchiano.
Resiste il Comune di Vecchiano con controricorso.
Attivata procedura ex art. 375 c.p.c., il P.G., non aderendo alla richiesta
di cui alla scheda valutativa circa l’infondatezza del ricorso, ha chiesto
l’udienza pubblica ravvisando, anzi, la fondatezza dello stesso.
La richiesta non merita adesione.
Il ricorrente lamenta violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 4,
del D.P.R. n. 292 del 1987, art. 13 ed omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione deducendo l’erroneità della decisione del G.P.,
che ha escluso, nella sua condotta, l’adempimento di un dovere dato che il
medico, dipendente dell’Ospedale di Viareggio, si spostava da Viareggio in
direzione di Pisa, e non viceversa, mentre il medico è reperibile presso il
proprio domicilio.
La sentenza al riguardo ha dedotto che l’esimente avrebbe potuto avere un
certo valore se l’infrazione gli fosse stata contestata mentre procedeva in
senso contrario, cioè da Pisa, sua residenza abituale, verso Viareggio sede
dell’Ospedale, con la conseguenza che non l’ha esclusa in astratto ma in
concreto, dando luogo ad un giudizio di fatto incensurabile in questa sede,
tanto più che la tesi del ricorrente appare contraddittoria.
Se il medico ha il dovere di essere reperibile presso il proprio domicilio
non se ne può allontanare; se la censura deve intendersi nel senso che,
dall’ospedale, dove aveva prestato servizio, stava recandosi a casa, per
dare inizio alla reperibilità, anziché superare i limiti di velocità poteva
più facilmente munirsi di un telefono cellulare per fare immediatamente
ritorno, ove necessario,anche durante il tragitto,in ospedale.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che, ai fini dell’accertamento della
sussistenza o meno delle cause di esclusione della responsabilità in tema di
sanzioni amministrative, previste dalla L. n. 689 del 1981, art. 4, in
mancanza di ulteriori precisazioni, occorre fare riferimento alle
disposizioni che disciplinano i medesimi istituti nel diritto penale e,
segnatamente, per quanto concerne lo stato di necessità, all’art. 54 c.p.
(Cass. 24 marzo 2004 n. 5877, 5 marzo 2003 n. 3524, 12 luglio 2000 n. 9254,
etc.); si è, altresì, ritenuto che sia idonea ad escludere la responsabilità
anche la semplice supposizione erronea degli elementi concretizzanti lo
stato di necessità, cioè di una situazione concreta che, ove esistesse
realmente, integrerebbe il modello legale dello stato di necessità, in
quanto della L. n. 689 del 1981, art. 3, comma 2 esclude la responsabilità
quando la violazione è commessa per errore sul fatto, ipotesi questa nella
quale rientra anche il semplice convincimento della sussistenza di una causa
di giustificazione, il cui onere probatorio, tuttavia, grava su colui che
invochi l’errore (Cass. 12 maggio 1999 n. 4710, la quale fa discendere
l’ammissibilità, anche in tema di illecito amministrativo, delle esimenti
putative dall’art. 59 c.p., a norma del quale "se l’agente ritiene per
errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre
valutate a favore di lui";Cass. 25 maggio 1993 n. 5866, Cass. 20 novembre
1985 n. 4710).
Puntualizzando, peraltro, in sede penale, che, ove l’imputato deduca una
determinata situazione di fatto a sostegno dell’operatività di una esimente
reale o putativa, è su di lui che incombe l’onere di provarne la
sussistenza, non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di
qualsiasi sussidio, e l’allegazione da parte dell’imputato dell’erronea
supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi, non
già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d’animo
dell’agente, bensì su dati di fatto concreti, i quali siano tali da
giustificare l’erroneo convincimento in capo all’imputato di trovarsi in
tale stato (Cass. pen. 1 luglio 2003 n. 28325).
Più specificamente, in relazione all’art. 51 c.p., questa Corte Suprema ha
statuito che il dovere al cui adempimento il soggetto è tenuto (valutabile,
ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 4, quale causa di esclusione della
responsabilità) deve discendere da una norma giuridica o da un ordine
dell’Autorità e deve riguardare ed avere per contenuto proprio quella
condotta che altrimenti sarebbe illecita; diversamente qualsiasi illecito
compiuto nell’esercizio dei propri doveri istituzionali troverebbe una causa
di giustificazione e sarebbe insuscettibile di sanzione (Cass. n.
12534/2006).
L’errore sull’illiceità del comportamento, per essere incolpevole, deve
trovare causa in un fatto scusabile (Cass. n. 5825/06, 5615/06).
Nella specie è del tutto evidente che non ricorressero nè le suddette
ipotesi nè alcuna necessità di salvare sè o altri dal pericolo attuale ed
immediato di un danno grave alla persona con l’unico mezzo della commissione
dell’illecito, non specificando il ricorrente concretamente l’urgenza di un
intervento indifferibile, anzi limitandosi a sostenere temerariamente che il
medico reperibile sia "legibus solutus" ed autorizzato sempre e comunque a
superare i limiti di velocità, equivocando, tra l’altro, tra turno di
guardia e turno di reperibilità (pagina 4 del ricorso).
La tesi che il medico in reperibilità possa superare i limiti di velocità
per rientrare al più presto presso il proprio domicilio, così da esservi
rintracciato nel caso di necessità di un successivo intervento medico, è in
contrasto evidente con i richiamati principi giurisprudenziali sullo stato
di necessità e sull’adempimento di un dovere, che presuppongono sempre
situazioni contingenti ed eccezionali, non ravvisatoli, anzi escluse, nella
fattispecie.
Peraltro, in questa sede, il ricorrente nemmeno documenta che ritornava
dall’ospedale al proprio domicilio e la circostanza che il medico reperibile
è tenuto ad essere disponibile presso il proprio domicilio od altra sede da
lui stesso indicata (D.P.R. n. 292 del 1987, art. 13, invocato in ricorso)
conferma la possibilità che, tramite cellulare, si comunichi di essere in
viaggio.
Il ricorso va, conseguentemente, rigettato, con la condanna alle spese,
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese in Euro
500,00 di cui 100,00 per spese vive, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2007

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