di Graziano Langone*

 

Continua a far discutere il tema, sempre più complesso, della formazione fuori dal territorio nazionale per gli aspiranti medici ed odontoiatri in un’Italia caratterizzata da una legislazione lacunosa e poco chiara. E' di questi mesi l'ennesimo caso spinoso, che sottolinea le contraddizioni di un sistema sempre più bisognoso di regolamentazione. Il ricorso vinto dallo studente messinese, che gli ha consentito di iscriversi al secondo anno di Medicina dopo aver aggirato il test di ingresso frequentando il primo anno in Romania, di fatto mette in evidenza l'incongruenza di un test d'ammissione alle facoltà a numero programmato che, secondo l'interpretazione offerta successivamente dal Consiglio di Stato, regolamenta l'accesso al solo primo anno di corso di laurea, ma non agli anni successivi.

Ancora una volta si mette in discussione la regolamentazione delle università italiane che dovrebbe innanzi tutto assicurare, a tutti gli studenti, standard formativi nelle discipline pratiche tali da garantire ai futuri medici una preparazione sufficiente ad esercitare professioni tanto nobili quanto delicate, a prescindere da quel bagaglio culturale che il continuo aggiornamento e corsi post laurea più o meno costosi, oltre che l'esperienza, forniscono.

Già nel corso dell'ultimo congresso politico, l'Associazione Italiana Odontoiatri (in passato in prima fila insieme ad AISO contro l'istituzione dell'Università Pessoa a Zagarolo) ha analizzato, con obiettività e chiarezza, il tema delle lauree all'estero, sottolineando la necessità di riformare le modalità di selezione ai corsi di laurea in Italia oltre che regolamentare le lauree all'estero; ma oggi le lacune legislative e le interpretazioni, a nostro avviso improprie, delle stesse leggi, rendono ancora più necessaria una profonda riflessione.

Non è nostra intenzione giudicare o condannare chi sceglie di studiare nelle università straniere, o per gli standard qualitativi diversi che alcune università private straniere sembrano poter garantire, o per inseguire un sogno che in Italia non sarebbe raggiungibile; ma è un dato oggettivo che il tentativo di rientrare nelle università italiane rende il fenomeno non solo critico per la crescente pletora, ma anche pericoloso e dannoso per gli studenti che hanno legittimamente superato una selezione.

Ci preme sottolineare che il diritto allo studio, riconosciuto dalla costituzione italiana, non è perseguibile in università affollate da studenti che, aggirando il numero programmato con i ricorsi o rientrando dall'estero, alterano il rapporto tra capacità formative dell'ateneo e numero di discenti, a totale discapito della formazione di chi, un giorno, avrà la responsabilità di tutelare la nostra salute. Appare inevitabile, dunque, per l'AIO, unirsi al coro di critiche, provenienti innanzitutto dagli stessi atenei, per una sentenza che sembra legittimare un modo per raggirare le leggi italiane, a svantaggio anche di chi, potenzialmente ha visto svanire il proprio sogno per pochi decimi di punto, e non avendo la possibilità o la volontà di uscire dai confini nazionali, ripiega su altri corsi di laurea.

* AIO Giovani

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