1 – al medico odontoiatra veniva contestata l’applicazione a tre pazienti di dispositivi odontoiatrici su misura omettendo di consegnare loro la dichiarazione di conformità CE predisposta dall’odontotecnico quale fabbricante. Tale obbligo di consegna ai pazienti del detto documento non 
risulta però imposto dal D.Lgs n. 46 del 1997, art. 23 che punisce solo l’immissione in commercio o la messa in servizio di dispositivi medici "privi della marcatura CE o dell’attestato di conformità". Il detto obbligo di consegna ai pazienti è stato previsto esclusivamente da una Circolare del 
Ministero della Salute contenente indicazioni e chiarimenti sull’attuazione della direttiva CEE 93/42 con riferimento agli adempimenti del settore odontoiatrico ed odontotecnico. 
2 – Deve escludersi che una circolare esplicativa di una legge possa estendere l’applicazione della sanzione a una condotta non prevista dalla legge della quale essa pretende costituire attuazione. [ Avv. Ennio Grassini 
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Cassazione Civile – Sez. II, Sent. n. 11826 del 22/05/2007
omissis
Svolgimento del processo
Il Dott. D.S., odontoiatra, proponeva opposizione avverso l’ordinanza 
ingiunzione del 10/9/2002 con la quale il Comune di X gli aveva irrogato la 
sanzione amministrativa di Euro 30.879,44 per violazione del D.Lgs. 24 
febbraio 1997, n. 46, art. 23, per aver immesso in commercio ed in servizio 
dispositivi medici su misura installati a pazienti omettendo di consegnare 
loro l’obbligatoria attestazione di conformità. 
Il Comune di X si costituiva e sosteneva l’infondatezza dell’opposizione. 
Con sentenza 16/12/2003 il tribunale di Rovigo rigettava l’opposizione 
osservando: che, come accertato in fatto dagli agenti del NAS, il Dott. D. 
aveva applicato a tre pazienti dispositivi odontoiatrici su misura senza 
rilasciare ai detti pazienti la dichiarazione di conformità CE come 
prescritto dal D.Lgs. n. 46 del 1997 emanato in attuazione della direttiva 
CEE 93/42 per regolare la produzione e la messa in commercio ovvero 
l’utilizzazione e la messa in uso dei dispositivi medici; che il citato 
D.Lgs. aveva previsto due tipi di condotte a seconda della costruzione in 
serie o su misura del dispositivo medico con necessità, nel primo caso, per 
i presidi di essere muniti di marcatura CE e, nel secondo caso, di emissione 
di attestato di conformità previsto dall’allegato Vili del decreto 
legislativo; 
che per i presidi odontoiatrici la situazione si presentava particolare 
richiedendosi la collaborazione sia del medico che dell’odontoiatra, 
ciascuno tenuto ad assolvere alle rispettive incombenze per la propria parte 
e nel proprio ambito professionale; che è lo stesso medico che effettua la 
visita ed i rilevi del caso (e non l’odontotecnico) tenuto a formalizzare e 
specificare in una prescrizione scritta le caratteristiche di progettazione 
del dispositivo su misura richiesto per un determinato paziente, mentre 
l’odontotecnico, quale fabbricante, realizza il dispositivo e deve garantire 
di essersi attenuto a quanto previsto nell’allegato 1^ del D.Lgs. n. 46 del 
1997 redigendo, a tal fine, la dichiarazione di conformità; che con la 
circolare del Ministero della Salute del X erano stati forniti chiarimenti 
sulla direttiva CCE proprio per la questione dei presidi odontotecnici ed 
era stato precisato che l’odontotecnico deve redigere per ciascun 
dispositivo la dichiarazione di conformità in un originale da tenere a 
disposizione del Ministero e in due copie da consegnarsi al medico 
prescrittore di cui una da conservarsi nello studio dello stesso e l’altra 
da consegnare al paziente; 
che la detta circolare andava condivisa in quanto conforme al dettato 
legislativo nella parte in cui, ribadito l’obbligo dell’odontotecnico e le 
modalità di adempimento, aveva ritenuto coinvolto nell’obbligo il medico 
curante dopo la prescrizione del dispositivo e la installazione e messa in 
commercio; che infatti è il medico che tratta con il paziente ogni aspetto 
dell’intervento e che aliena il presidio ordinato al tecnico immettendo in 
tal modo in commercio e in servizio il bene; che, quindi, prima di procedere 
a tali operazioni il medico ha il dovere di verificare se sia stata o meno 
compilata dal tecnico la dichiarazione di conformità diventando, se a tanto 
non provvede, direttamente colpevole della violazione di cui al citato 
D.Lgs., art. 23 dovendosi ritenere la messa in servizio (compiuta dal medico 
che installa un presidio odontotecnico) come fase della disponibilità del 
dispositivo per l’utilizzatore finale; che nella specie per tre pazienti del 
D. non era stato rilasciato l’attestato di conformità ed ovviamente lo 
stesso non era stato consegnato ai detti pazienti; che l’opponente non 
doveva installare i presidi in assenza del documento; che l’entità della 
sanzione era stata determinata nella ordinanza ingiunzione in una somma pari 
a quella che l’opponente avrebbe pagato ove avesse provveduto ad avvalersi 
della facoltà di pagamento in misura ridotta; che quindi la somma irrogata 
era da ritenere equa posto che l’eventuale diminuzione avrebbe comportato 
l’ingiusto ed illogico risultato di favorire l’opponente rispetto al 
soggetto che, avvalendosi della facoltà di pagare in misura ridotta, non 
crea problemi all’amministrazione. 
La cassazione della sentenza del tribunale di Rovigo è stata chiesta da D.S. 
con ricorso affidato a sei motivi. L’intimato Comune di X non ha svolto 
attività difensiva in sede di legittimità. 
Motivi della decisione 
Con il primo motivo di ricorso il Dott. D. denuncia violazione del D.Lgs. n. 
46 del 1997 e dell’articolo 1 legge 689/1981 deducendo che il citato D.Lgs., 
art. 23 dispone e sanziona ipotesi diverse da quella contestata ad esso 
ricorrente non prevedendo la punibilità dell’odontoiatra che installi un 
dispositivo medico su misura senza consegnare al paziente la prescritta 
documentazione. Le norme dettate dal D.Lgs. n. 46 del 1997 non prescrivono 
un simile obbligo a carico del medico odontoiatra e non regolamentano tempi 
e modi di tale asserito adempimento posto a base dell’ordinanza ingiunzione 
impugnata. 
Peraltro nella specie si tratta di dispositivi medici su misura per i quali 
non è previsto l’obbligo di redigere la dichiarazione di conformità CE o 
l’attestato di conformità, essendo prescritto per tali dispositivi solo il 
rilascio, da parte del fabbricante, della diversa dichiarazione di cui 
all’allegato Vili del decreto stesso il cui art. 1, lett. f) esime dal 
rispetto degli obblighi imposti al fabbricante di dispositivi medici la 
persona che, senza essere il fabbricante, compone o adatta dispositivi già 
immessi in commercio in funzione della loro destinazione al singolo 
paziente. Il medico odontoiatra non è coinvolto nell’osservanza degli 
obblighi incombenti all’odontotecnico ivi compreso quello di rilasciare la 
dichiarazione di conformità, obbligo non previsto per i dispositivi su 
misura. 
Peraltro l’installazione sul paziente ad opera dell’odontoiatra di una 
protesi dentaria confezionata su misura dall’odontotecnico non integra 
"immissione in commercio" o "messa in servizio" del dispositivo 
stesso. In 
definitiva il fatto contestato ad esso ricorrente ( omessa consegna al 
paziente dell’attestazione di conformità ) non coincide con la fattispecie 
di cui al D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 23, comma 3. Corte rileva la manifesta 
fondatezza della preliminare censura sviluppata nella prima parte del motivo 
in esame con la quale il ricorrente deduce che l’asserito obbligo del medico 
odontoiatra di consegnare ai propri pazienti l’attestazione di conformità in 
relazione a dispositivi medici ( odontoiatrici ) su misura non risulta 
previsto e sanzionato dal D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 23, comma 3 la cui 
violazione ha prima formato oggetto del verbale di contestazione redatto dal 
Nas di Padova ed è stata poi posta a base della ordinanza ingiunzione 
impugnata. 
Occorre premettere che – come riportato nella sentenza impugnata – al 
ricorrente è stata contestata la detta violazione del D.Lgs. 24 febbraio 
1997, n. 46, art. 23, comma 3 per "aver immesso in commercio ed in servizio 
dispositivi medici su misura a pazienti omettendo di consegnare loro nei 
tempi e nei modi previsti l’obbligatoria attestazione di conformità". 
La citata norma dispone testualmente: "chiunque immette in commercio o mette 
in servizio dispositivi medici privi della marcatura CE o dell’attestato di 
conformità è punito, salvo che il fatto sia previsto come reato, con la 
sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da Euro 
15493,71 a Euro 92962,24. La stessa pena si applica a chi appone la 
marcatura CE indebitamente o in maniera tale da violare il divieto di cui 
all’art. 16, comma 3, o di cui all’art. 17, comma 8 bis". 
Va altresì di seguito riportato quanto previsto dall’articolo 1 del citato 
decreto legislativo emanato in attuazione della direttiva CEE 93/42 
concernente i dispositivi medici: "Ai fini del presente decreto s’intende 
per: 
a) dispositivo medico: qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza 
o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software 
informatico impiegato per il corretto funzionamento, e destinato dal 
fabbricante ad essere impiegato nell’uomo a scopo di diagnosi, prevenzione, 
controllo, terapia o attenuazione di una malattia; di diagnosi, controllo, 
terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; di 
studio, sostituzione o modifica dell’anatomia o di un processo fisiologico; 
di intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l’azione 
principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici 
o immunologici nè mediante processo metabolico ma la cui funzione possa 
essere coadiuvata da tali mezzi; 
d) dispositivo su misura: qualsiasi dispositivo fabbricato appositamente, 
sulla base della prescrizione scritta di un medico debitamente qualificato e 
indicante, sotto la responsabilità del medesimo, le caratteristiche 
specifiche di progettazione del dispositivo e destinato ad essere utilizzato 
solo per un determinato paziente. La prescrizione può essere redatta anche 
da altra persona la quale vi sia autorizzata in virtù della propria 
qualificazione professionale. I dispositivi fabbricati con metodi di 
fabbricazione continua od in serie, che devono essere successivamente 
adattati, per soddisfare un’esigenza specifica del medico o di un altro 
utilizzatore professionale, non sono considerati dispositivi su misura; 
f) fabbricante: la persona fisica o giuridica responsabile della 
progettazione, della fabbricazione, dell’imballaggio e dell’etichettatura di 
un dispositivo in vista dell’immissione in commercio a proprio nome, 
indipendentemente dal fatto che queste operazioni siano eseguite da questa 
stessa persona o da un terzo per suo conto. Gli obblighi del presente 
decreto che si impongono al fabbricante valgono anche per la persona fisica 
o giuridica che compone, provvede all’imballaggio, tratta, rimette a nuovo, 
etichetta uno o più prodotti prefabbricati o assegna loro la destinazione di 
dispositivo in vista dell’immissione in commercio a proprio nome. I predetti 
obblighi non si applicano alla persona la quale, senza essere il fabbricante 
compone o adatta dispositivi già immessi in commercio in funzione della loro 
destinazione ad un singolo paziente; 
g) destinazione: l’utilizzazione alla quale è destinato il dispositivo 
secondo le indicazioni fornite dal fabbricante nell’etichetta, nel foglio 
illustrativo o nel materiale pubblicitario; 
h) immissione in commercio: la prima messa a disposizione a titolo oneroso o 
gratuito di dispositivi, esclusi quelli destinati alle indagini cliniche, in 
vista della distribuzione o utilizzazione sul mercato comunitario, 
indipendentemente dal fatto che si tratti di dispositivi nuovi o rimessi a 
nuovo; 
i) messa in servizio: fase in cui il dispositivo è stato reso disponibile 
all’utilizzatore finale in quanto pronto per la prima utilizzazione sul 
mercato comunitario secondo la sua destinazione d’uso". 
Da quanto precede deriva che i dispositivi medici su misura, quelli cioè 
fabbricati appositamente sulla base di una prescrizione medica e destinati 
ad essere utilizzati solo per un determinato paziente, non devono essere 
marcati CE; i fabbricanti di detti dispositivi sono obbligati, comunque, 
alla redazione dalla dichiarazione – prevista dall’allegato 8^ del D.Lgs. 
citato – di conformità del fabbricante alla direttiva 93/42 CEE. Sia la 
dichiarazione di conformità alla direttiva 93/42/CEE (dei dispositivi su 
misura e non) sia la marcatura CE sono volti ad assicurare il rispetto dei 
Requisiti Essenziali previsti dal D.Lgs. 24 febbraio 1997, n. 46, ossia che 
il dispositivo medico è stato fabbricato rispettando i criteri essenziali di 
sicurezza per il paziente, l’utilizzatore finale ed eventualmente terzi. 
Ciò posto va rilevato che nel caso in esame al ricorrente, medico 
odontoiatra, non è stato contestato di aver messo in commercio o in servizio 
dispositivi medici su misura "privi della marcatura CE o dell’attestato di 
conformità" (fatto sanzionato dal D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 23) bensì di 
aver applicato a tre suoi pazienti dispositivi odontoiatrici su misura 
omettendo di consegnare loro la dichiarazione di conformità CE predisposta 
dall’odontotecnico quale fabbricante. Tale obbligo di consegna ai pazienti 
del detto documento non risulta però imposto dal D.Lgs n. 46 del 1997, art. 
23 che punisce solo l’immissione in commercio o la messa in servizio di 
dispositivi medici "privi della marcatura CE o dell’attestato di 
conformità". 
Il detto obbligo di consegna ai pazienti è stato previsto esclusivamente 
dalla Circolare del Ministero della Salute del X contenente indicazioni e 
chiarimenti sull’attuazione della direttiva CEE 93/42 con riferimento agli 
adempimenti del settore odontoiatrico ed odontotecnico. 
Al riguardo è appena il caso di rilevare che, come è principio pacifico, le 
circolari amministrative – contenendo istruzioni, ordini di servizio, 
direttive impartite dalle autorità amministrative centrali o gerarchicamente 
superiori agli enti o organi periferici o subordinati, con la funzione di 
indirizzare in modo uniforme l’attività di tali enti o organi inferiori – 
sono atti meramente interni della P.A., che esauriscono la loro portata ed 
efficacia giuridica nei rapporti tra i suddetti organismi ed i loro 
funzionari e non possono, quindi, spiegare alcun effetto giuridico nei 
confronti di soggetti estranei all’amministrazione. 
Ciò, come questa Corte ha avuto modo di precisare, specialmente in una 
materia come quella in tema di sanzioni amministrative ove vige il principio 
di legalità di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 1 sicchè deve escludersi 
che una circolare esplicativa di una legge possa estendere l’applicazione 
della sanzione a una condotta non prevista dalla legge della quale essa 
pretende costituire attuazione (sentenza 22/1/2004 n. 1081). 
L’interpretazione – recepita nella circolare ministeriale richiamata nella 
sentenza impugnata – delle disposizioni di rango legislativo di cui al 
D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 23 posta a fondamento del provvedimento 
sanzionatorio impugnato, risulta quindi estranea alla portata prescrittiva 
del precetto normativo. Deve di conseguenza escludersi che la detta 
circolare possa estendere l’applicabilità della sanzione a una condotta non 
prevista dalla legge della quale essa pretende costituire attuazione. 
In definitiva deve essere accolta la censura in esame sviluppata nel primo 
motivo di ricorso con conseguente annullamento della sentenza impugnata e 
assorbimento di tutte le altre critiche mosse dal D. alla sentenza impugnata 
e prospettate in via logicamente subordinata al mancato accoglimento della 
detta censura avente ovvio e chiaro carattere preliminare. 
La sentenza impugnata va pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori 
accertamenti in fatto – in quanto dall’accoglimento del primo motivo di 
ricorso deriva logicamente il giudizio di fondatezza dell’opposizione 
proposta dal dott. D. avverso l’ordinanza ingiunzione n. 30 emessa dal 
Comune di X il 10/9/2002 – è consentito in questa sede pronunciare "nel 
merito" ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1 ed, in accoglimento della 
detta opposizione, annullare la citata ordinanza del Comune di X. 
Per la sussistenza di giusti motivi le spese del giudizio di merito e quelle 
del giudizio di cassazione vanno interamente compensate tra le parti. 
P.Q.M. 
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso; assorbiti tutti gli altri; 
cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, pronunciano nel merito ex art. 
384 c.p.c., annulla l’ordinanza ingiunzione n. 30 emessa dal Comune di X il 
10/9/2002; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio. 
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2007. 
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2007